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Eusebio Di Francesco: ieri, oggi e domani

L'esordio da calciatore, l'arrivo in Serie A, la Roma (da giocatore e da dirigente), l'influenza di Zeman, il Sassuolo e il 4-3-3. Ecco tutto ciò che c'è da sapere sul nuovo allenatore dei giallorossi

Valerio Salviani

Chiamatelo caso, chiamatelo destino, ma come Spalletti il percorso calcistico di Eusebio Di Francesco parte da Empoli. Mentre però il suo predecessore nella città toscana ha iniziato la carriera da allenatore, per il nuovo tecnico giallorosso è stata la culla che a 15 anni lo ha accolto e lanciato nel calcio che conta. Lì, nel 1987 l'esordio in Serie A, anche se solo per un breve spezzone (subentrò a Mazzarri in una sfida con la Juventus). A Empoli ci rimane per 4 anni e, tra B e C1, ha l'occasione di farsi le ossa giocando da protagonista. Poi il ritorno in Serie B con la Lucchese, dove riesce a mettere in mostra anche le sue qualità offensive realizzando 12 gol. A 26 anni l'occasione per lanciarsi nella massima serie si chiama Piacenza.“A Lucca stavo bene ma avevo voglia di confrontarmi con un livello superiore” racconta. Qui 2 anni che gli valgono da trampolino di lancio per il definitivo salto di qualità. “Con la Roma avevo firmato da novembre, ma a Piacenza ho dato tutto fino all'ultimo. Mi lego agli ambienti in cui lavoro”. Lealtà e rispetto, due qualità fondamentali nella storia umana di Eusebio. Nella capitale l'incontro con l'uomo che lo influenzerà più di chiunque nel calcio.“Prima di Zeman ero un buon giocatore. Con lui ho imparato ad attaccare la porta e i 12 gol in due anni non sono stati un caso”. Con le sue prestazioni in giallorosso Di Francesco entra nel giro della Nazionale, ma la fortuna non è dalla sua parte. Il primo anno di Capello, uno pneumotorace (ha rischiato di perdere un polmone) dopo uno scontro con Mangone nel ritiro di Kapfenberg, condiziona l'inizio di stagione. L'anno dopo, poco prima che la Roma iniziasse la sua cavalcata trionfale verso il terzo (ed ultimo) scudetto, la rottura del crociato che lo trasforma da protagonista a spettatore.”Quello scudetto però lo sento mio, lo abbiamo vinto anche perché eravamo un grande gruppo fatto da uomini veri e il mio contributo su questo non è mai mancato”. Al termine della stagione la scelta di andare per non sentirsi un peso. Torna a Piacenza, nella sua ultima esperienza importante con gli scarpini ai piedi. Chiuderà con due stagione in sordina, prima ad Ancona, scelta per avvicinarsi a casa (Pescara) e poi a Perugia.

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