rassegna stampa

Sabatini, saluti e rancori

Quando tocca il tema delle commissioni il ds si arrabbia: "Dite ai tifosi che la Roma qualche cazzata la fa ma è una società onesta. Così come onesto e leale sono stato io in questi anni!"

Redazione

Una conferenza stampa in linea con il personaggio quella di ieri da parte di Sabatini. Novanta minuti di monologo, intervallati qua e là da qualche domanda e dall'immancabile pausa sigaretta, per raccontare i suoi 5 anni alla guida del club.

Il suo è un mix di emozioni e rancori, come scrive Stefano Carina su Il Messaggero, che inizialmente lo fanno commuovere, poi arrabbiarsi quando tocca il tema delle commissioni: «Il mercato si fa così, si acquistano giocatori attraverso le commissioni e allora io pago per comprare qualcuno. Dite ai tifosi che la Roma qualche cazzata la fa ma è una società onesta. Così come onesto e leale sono stato io in questi anni!».

Ammette un solo grave errore «perché i calciatori li sbagliano tutti, quello che mi dispiace è non esser riuscito a portare a termine la rivoluzione culturale. Ossia pensare alla vittoria non come ad una possibilità ma ad una necessità. Qui invece si vince e si perde alla stessa maniera». Parole che pesano come un macigno.

«Sono cambiate le regole di linguaggio, io posso fare solamente il mio calcio - ha continuato l'ex ds -. Il presidente e i suoi collaboratori, invece, puntano su altre prerogative: sulla statistica, sui meeting, stanno cercando un algoritmo vincente. Io vivo semplicemente d'istinto. Sarò sostituito da una struttura. Massara? Lui è un ragazzo educato, di estrazione sabauda, di madre francese funzionaria del Louvre. Nell'immediato toccherà a lui, poi non so che succederà».

La goccia che ha fatto traboccare il vaso è il mancato acquisto di Boyé, ora al Torino: «Quel calciatore l'ho perso perché mi è mancata l'arroganza, la determinazione e la sicurezza di poter fare quell'acquisto che comportava un'operazione crassa. Sentendo alle mie spalle una serie di osservazioni giuste e corrette, ho perso l'attimo fuggente». E per uno che vive d'istinto, è qualcosa che non ci si può perdonare.

Dopo aver dribblato la domanda sul nuovo ruolo di Baldini («chiedetelo a lui o a Pallotta»), racconta che vendere Lamela «mi ha ucciso anche se poi ne ho preso uno che ritenevo più forte». Sollecitato su Totti, scivola ancora una volta: «Gli darei il Nobel per la fisica viste le traiettorie e le parabole che fa o un pallone d'oro solo per lui. Rappresenta un pezzo di carne di gente che è cresciuta o è invecchiata con lui. Ha rimesso in discussione Keplero ma è un tappo. Irradia una luce così forte che gli altri restano in penombra. La sua luce abbagliante oscura tutto il gruppo, vista anche la curiosità morbosa che c'è su di lui. La sua presenza comprime la crescita del gruppo».