(Il Romanista-L.Di Veronica) L’ultima partita giocata da Carlo Ancelotti con la Roma è stata nel 1987, quando gli Anni 80 se n’erano già andati (finiti ai rigori con il Liverpool a parte un rinculo tremendo col Lecce). Era il 17 giugno e la Roma era in California, sognando qualcos’altro però.
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Roma, prima o poi?Adesso, Carletto
(Il Romanista-L.Di Veronica) L’ultima partita giocata da Carlo Ancelotti con la Roma è stata nel 1987, quando gli Anni 80 se n’erano già andati (finiti ai rigori con il Liverpool a parte un rinculo tremendo col Lecce). Era il 17 giugno e la...
Ora chi è tifoso della Roma sa che cos’è il 17 giugno. Il ritorno di Carletto a Roma non è solo nelle parole che ha pronunciato l’altro ieri pomeriggio verso le 18 («E’ un sogno che realizzerò »), è un appuntamento fissato almeno da quel giorno, perché quando Ancelotti lasciò la squadra per tornare in Italia non credeva che di lì a poco sarebbe stato scelleratamente ceduto al Milan. Una blasfemia corredata dall’acquisto di Manfredonia. Da quel giorno Carlo Ancelotti non ha mai smesso di pensare alla Roma. Mai. La prima volta che tornò col Milan, a parte la commozione, parlò soltanto dei tifosi della Roma, anzi dei tifosi della Magica perché lui la chiamava e la chiama così. Mai come in questi giorni Carlo Ancelotti sta pensando alla Roma. Il suo ritorno è un film – quel 17 giugno la Roma giocava a Los Angeles, Hollywood – un giro del mondo fatto solo per tornare un giorno – e quel giorno giocavamo contro il Vasco da Gama. La circumnavigazione del Bimbo attorno al Colosseo dura da ventitré anni e a chi è tifoso della Roma di quel tempo (che poi è un tempo che ha innamorato tutti, sia quelli nati dopo, sia quelli nati tanto prima) prende un colpo: Ancelotti sembra ieri, Ancelotti è uno di quelli che c’è sempre stato, il numero 4 dello scudetto, il doppio infortunio, le lacrime e sullo sfondo il frontone di Casagrande, il ritorno col Cesena e col Pisa, e quella notte che non c’era...
Tutto questo ha resistito addirittura a quasi tutta una carriera a Milano, che da noi è semplicemente lontano. Il Milan lo ha sempre allenato in dialetto romanesco, per scelta: «È il modo più diretto per far capire le cose». Sono passati ventitré anni ma stavolta potrebbero mancare giorni. L’America sta arrivando a Roma. Vasco prepara il concerto all’Olimpico. Mai come adesso è possibile. Mai come adesso tutto si sta predisponendo per quello che dovrà essere. E vai con l’ultimo slogan: se non ora quando? Proprio in questi giorni Claudio Ranieri è stato a Londra a trovare quello che lui stesso aveva definito il suo erede a Roma. Della Roma hanno parlato. Della Roma e di Roma, delle discese ardite e delle risalite di cui è capace solo questa gente. Ranieri è andato da Ancelotti (era già successo quest’autunno) quasi come aveva promesso: «Carlo vado a prenderlo all’aeroporto io» disse qualche tempo fa in un forum a Il Romanista. Come dire: c’è andato. E per non mancare di rispetto a nessuno, per non creare ineleganze, ci è andato anche Vincenzo Montella: un mese fa, a Londra, a studiare gli allenamenti del Chelsea, i metodi di Ancelotti, che uno potrebbe interpretare queste partite esattamente come la fantomatica preparazione che manca alla Roma: la preparazione ad Ancelotti.
Cioè, c’è tutto un mondo Roma che continua a girare intorno a Carletto. E lui non dice no. Lui non potrà mai dire no. Potrà pronunciare qualche nì, per spirito di parte – e di contratto (gli scade il 30 giugno 2012 quello ricco mi ci ficco con Abramovich) ma la risposta alla Roma, Carlo Ancelotti l’ha già data (oltre al dato della cronaca: il 18 aprile dell’anno scorso a Radio Anch’io diceva testualmente di amare la Roma e che «il mio futuro prossimo – non quello anteriore - sarà ancora nel nostro paese»; il 5 novembre scorso a Studio Sport ha ribadito «non mi fermerò certo in Inghilterra tutta la vita»). Di tornare alla Roma lo dice da almeno cinque anni. Una volta disse pure che non sarebbe mai andato alla Lazio, che basta e avanza (se la cosa è vera, com’è) per la standing ovation. Ha detto di sognare la Roma quando era allenatore del Milan, al Milan ha chiesto il permesso per essere presente – con la maglia della Roma – alla festa degli 80 anni, all’Olimpico. Quella sera Ancelotti parlò di una notte... «prima o poi accadrà». Come che cosa? Quella cosa. Di fronte a questo non ci sta diplomazia che tenga. «Voglio restare ancora al Chelsea », parole pronunciate subito dopo la partita di Copenaghen, prima di quelle dette da romanista al Romanista- ma molto dipenderà proprio da quella coppa.
La Coppa. Perché il 19 febbraio, cioè prima del successo in Danimarca, Ancelotti per la prima volta da quando è in Inghilterra aveva posto dei paletti: «Sappiamo che per noi è molto difficile pensare di poter vincere la Premier quest’anno. Il nostro obiettivo è centrare la qualificazione alla Champions League. E’ fondamentale per tutti, anche per me, perché non voglio allenare una squadra che non disputa la massima competizione europea che per me è la migliore del mondo». Sono dichiarazioni rilasciate al The Guardian. Il 21 febbraio, due giorni dopo, il Daily Mail dava per imminente l’accordo fra la Roma e Ancelotti. Nell’ultima intervista fatta a Repubblica ad una domanda sulla Nazionale rispondeva che «l’Italia sta bene con Prandelli. Forse dopo il 2014». Forse. Ma se il contratto col Chelsea a rigore scade il 2012, che succede nel frattempo? Il feeling con Abramovich s’è rotto da tempo.
Resta quello coi giocatori perché quello Ancelotti ce l’ha sempre avuto coi ragazzi che allena. Seedorf diceva spesso: «Ancelotti è un uomo speciale». Lo dicono tutti quelli che hanno avuto semplicemente a che fare con lui, mentre lui questo amore lo professa soltanto per la Roma. L’ultima partita che ha giocato con la Roma è stata un 17 giugno. Ma c’è una partita che non ha mai giocato. Poi se ne è andato ed è diventato l’unico romanista ad aver vinto la Coppa dei Campioni contro il Liverpool. E’ quello il sogno che prima o poi lui avvererà. Per questo prima di ogni altra cosa l’altro ieri ha detto «Forza Vincenzo». Bisogna andare in Champions. Dobbiamo rigiocare quella partita.
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