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Cose che Capitàno

(di Paolo Marcacci – ForzaRoma.info) Ci sono vite talmente ben riuscite che assomigliano a pallonetti ben calibrati, con i giri contati, che planano in maniera morbida alle spalle del portiere, né un centimetro prima né un centimetro dopo...

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(di Paolo Marcacci - ForzaRoma.info) Ci sono vite talmente ben riuscite che assomigliano a pallonetti ben calibrati, con i giri contati, che planano in maniera morbida alle spalle del portiere, né un centimetro prima né un centimetro dopo rispetto al punto prestabilito; perché sono stati concepiti bene sul nascere, sono nati da un'intuizione assistita dal talento, se no hai voglia a provare, a intuire, a presumere.

Ci sono carriere calcistiche che assomigliano a quelle vite, a quel pallonetto: che anzi lo moltiplicano per mille, anche se qualcuna di quelle mille volte impattano sulla traversa; è solo qualche passaggio sfortunato, nell'arco di una parabola di successo. Ci sono quelli per cui vita e carriera coincidono e di conseguenza quei pallonetti continuano a finire dentro e se non sono pallonetti sono traiettorie d'esterno, battute al volo, calci di punizione laser, diagonali al millimetro... Francesco Totti non è uno che batte (o abbatte?) i record: Francesco Totti è il record stesso, che ogni volta si veste di numeri diversi, di primati appartenenti a questa o quell'altra categoria; è un record perché è già andato oltre i confini del tempo, delle epoche che gli sono cambiate attorno senza riuscire a cambiarlo. Il viaggio più lungo comincia da un passo, forse lo ha detto Confucio, che se è vero che c'era già prima di quel Roma-Foggia del '94 è altrettanto sicuro che con tutta la sua saggezza pure lui avrebbe avuto paura di andare sul dischetto, quella volta contro l'Australia. E poi c'è un altro record ed è che i record stessi per quanti possano essere saranno sempre meno numerosi  dei nemici che gli è toccato sconfiggere in questi diciotto anni: con una classe infinita, coi goal ogni volta più belli e più importanti, ma anche con le armi dell'ironia e dell'autoironia, due fiori che i rancorosi e gli stupidi non sapranno mai coltivare, nei loro cortiletti in ombra dove germoglia solo l'ortica della maldicenza. Totti è sorriso, placca nella caviglia, smorfia di dolore che non stravolge l'orizzonte del futuro, invidia pure da parte di chi dovrebbe ringraziarlo per essergli stato al fianco, simpatia istintiva da parte dei bambini, applauso di stadi avversari, fallo da dietro sistematico nonostante dicano che oggi è finito, diffidenza di una pletora di radical-chic che non hanno mai sperimentato la versione dolce della popolarità; Totti è un calcio che comincia in un'epoca che oggi si rimpiange, perché al primo goal era ancora stadio pieno a pane e frittata e al duecentouno è rarefazione di seggiolini da digitale terrestre. Totti è diventato una star riuscendo a rimanere Totti, questa è la cosa più "marziana" che gli sia riuscita, probabilmente, più di quel goal a Marassi o di quell'altro a San Siro contro l'Inter, o di quel pallonetto a Buffon, piuttosto che a Peruzzi. Quanto fanno tutte queste cose insieme? Molto più di duecentouno, certo; ma pure quello del resto è un numero che in fondo è già trascorso, magari a cominciare dalla prossima domenica.