Dybala cerca di traghettare la Roma verso i propri sogni, che al momento hanno la qualificazione alla Champions League come stella polare, scrive Massimo Cecchini su La Gazzetta dello Sport. L’esame ecografico a cui si è sottoposto ieri a Trigoria l’attaccante argentino ha portato in dote buone notizie. Non ci sono lesioni, ma solo un sovraccarico muscolare che andrà monitorato di giorno in giorno. Questo significa essenzialmente due cose: la prima è che Dybala, conscio del proprio corpo, si è fermato in tempo; la seconda è che contro il Verona sarà tenuto a riposo, potendo ipotizzare per lui al massimo la panchina. È naturale, quindi, ipotizzare che lo staff tecnico intenda lanciare una sorta di “operazione Coppa”, che preveda per lui il rientro nella gara di ritorno contro il Salisburgo, in programma giovedì, decisiva per il passaggio del turno in Europa League. Morale: da qui a maggio la gestione della Joya sarà fondamentale per le sorti della Roma, visto che con Paulo in campo la media punti s’impenna vistosamente. È del tutto certo che rimarrà alla Roma? Dipende da lui, ma anche dal club giallorosso. Com’è noto, l’argentino ha una clausola di rescissione da 20 milioni valida solo per l’Italia e da 12 milioni per tutto il resto del mondo. Ma se la proprietà deciderà di far scattare l’aumento previsto dal contratto in corso, portando l’ingaggio da 4,5 milioni a 6 milioni, la clausola sarà disinnescata. Ovvero: qualora la Roma decidesse di cederlo,lo farebbe solo alle proprie condizioni. E allora giustamente l’attaccante si chiede: arriveranno offerte? E da chi? E il club le ascolterà? Oltre a tutto ciò, pesa la variabile Mourinho. La presenza dello Special One allo stesso tempo è determinante e non indispensabile. Il paradosso è chiaro: se il portoghese rimanesse, significherebbe che le ambizioni della Roma resterebbero elevate (e Dybala ne sarebbe felice), ma se magari lasciasse il posto a colleghi del calibro di Conte, Klopp, Ancelotti e via sognando, la Joya saprebbe che la competitività resterebbe elevata e non avrebbe alcun motivo per andare via, sempre che ne esistessero le opportunità. Una cosa è certa: nonostante il Mondiale in bacheca, la fame di Paulo non si è ancora placata.
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La Gazzetta dello Sport
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