Martedì, dopo la tremenda sconfitta con l’Arabia Saudita, i giocatori argentini avevano la faccia di studenti usciti allegri qualche ora prima per la formalità di un esame facile e rientrati invece scornati da una bocciatura imprevista, scrive Luigi Garlando su La Gazzetta dello Sport. Così avviliti che il c.t. Lionel Scaloni ha lasciato liberi i giocatori di ritirarsi in camera senza l’obbligo di presentarsi a pranzo.
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Messi, serve una Joya. L’Argentina deve svoltare e Dybala scalda il motore
Tra le domande più sollevate nelle analisi, questa: ma perché Scaloni non ha impiegato Paulo Dybala nel finale contro l’Arabia Saudita? Con Di Maria, Gomez e Messi in giornata di pochissima grazia, la freschezza tecnica della Joya avrebbe potuto schiudere varchi e accendere scintille. La specialità della casa. Dybala viene da un lungo infortunio, ma nell’ultima partita contro il Torino, ha lanciato ottimi segnali di salute: scatti, invenzioni, un palo, un rigore procurato. È entrato con la Roma sotto e l’ha tirata su. Appunto, Scaloni.
Quest’estate, mentre Messi, Gomez e altri argentini si compattavano sulle spiagge, Dybala faceva le vacanze per conto suo a Miami. Paulo non era in quella stanza di Rio del Janeiro a pescare carte dal mazzo. Nell’aprile 2017, quarti di Champions, la Joya segnò una splendida doppietta in faccia a Messi: Juve-Barcellona 3-0. Molti lessero quella notte come il passaggio di consegne da un 10 all’altro. Leo prese nota. Non bastasse, nel settembre di quello stesso anno la Joya spiegò: "È difficile giocare con Messi. Occupiamo la stessa posizione e mi tocca adeguarmi". Erano i tempi in cui gli chiedevano di defilarsi a destra. Di quelle parole, Dybala ha dovuto rendere conto a Leo e poi, nel 2020, farne un’abiura pubblica, alla Galileo Galilei: "Avrei dovuto esprimermi in modo diverso. Io occupo questo ruolo da 5 anni, lui da 15, è naturale che io debba giocare per lui". Tutto chiarito, ma la ruggine è rimasta.
Più in generale, Dybala ha uno status più vicino a Messi che al Papu: due 10 in un pollaio. Non avendo mai giocato nel Boca o nel River ed essendo nato calcisticamente in Italia, Paulo non ha mai goduto di una spinta popolare, ma la sensazione è che in questo Mondiale, a questa Argentina che ha i creativi spompi e l’umore rasoterra, la Joya possa essere preziosa, già a partire dal Messico. Vero che è stato fermo a lungo, ma è anche vero che si è risparmiato tanto.
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