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Ulivieri risponde a Mourinho: “Non siamo della stessa pasta. E sul calcioscommesse…”

Redazione

Le sue parole: "Finché si è in campo, siamo alla pari (io mi comporto male, tu mi espelli); quando finisce la partita non siamo più alla pari, perché l’allenatore può parlare e l’arbitro no"

Ieri Mourinho aveva attacco Ulivieri dopo le sue parole in seguito all'infuocato post gara di Monza-Roma: "La critica più importante che ho ricevuto mi dà gioia, perché arrivata da una persona che è stata squalificata per tre anni per scommesse". Non si è fatta attendere la risposta del presidente dell’Associazione Italiana Allenatori di Calcio: "Non posso rispondere direttamente a José Mourinho, non perché lui non mi ha nominato espressamente ma perché non è entrato nel merito di quanto da me affermato nel comunicato di tre giorni fa.  Queste che seguono, piuttosto, sono considerazioni che mi preme rendere pubbliche per chiarire di nuovo alcune vicende personali. Per prima cosa, in Italia è ancora rimasta la democrazia, infatti per l’incarico di presidente Aiac, ruolo per altro non retribuito, si viene eletti dagli stessi allenatori, e non nominati dall’alto. Secondo: per quanto riguarda la squalifica di tre anni, per illecito sportivo, da me subita nel 1986, alla quale si è alluso, riprendo quello che ho ripetuto decine di volte in passato, documentando quanto segue. A due anni dall’inizio della squalifica, che sono trascorsi alla ricerca di prove a discarico, la Caf, in una sentenza del giugno 1988, riconosceva, riferendosi a me: “l’illecito consumato in sua assenza e a sua insaputa…”; e ancora “l’Ulivieri passa dalla posizione di protagonista assoluto, callido e pervicace, a quella di malaccorto generico”.

Questa sentenza presupponeva l’accoglimento di una eventuale richiesta di grazia. Che io però non chiesi, a salvaguardia della mia dignità, perché questo avrebbe significato ammissione di colpa, scegliendo di scontare la squalifica per intero, ripartendo poi dalla serie C. In questi giorni tanti amici mi hanno apostrofato: “proprio te che litigavi di continuo con gli arbitri…”, facendo riferimento alle mie passate e numerose espulsioni quando ero in panchina. Ripeto qui quello che ho detto a loro: finché si è in campo, siamo alla pari (io mi comporto male, tu mi espelli); quando finisce la partita non siamo più alla pari, perché l’allenatore può parlare e l’arbitro no. Questo non mi pareva giusto allora e non mi pare giusto oggi. Tornando a Mourinho, concordo pienamente con le sue conclusioni: siamo fatti di pasta diversa. Però io non me ne rallegro".