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Roma, l’Italia ti ha abbandonata. Mourinho no

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Il calcio italiano ha snobbato platealmente una delle più grandi ingiustizie arbitrali ai danni del nostro Paese. Troppo impegnati a sorridere per i patteggiamenti
Francesco Balzani
Francesco Balzani Collaboratore 

Vi riappare ogni venti minuti quel pensiero. Quelle immagini. Quando vi fate la doccia, prima di andare a dormire, quando a pranzo al mare uscite per fumare o per prendere una boccata d’aria. Del mani netto di Fernando, della parata di Bono su Belotti, delle lacrime di Dybala. Provate a scacciarle, ma appena arrivano le prendete e le coccolate per non lasciarle sole. Sono passati tre giorni ma non è passato ancora nulla. E’ normale, siete sani. A differenza di ciò che si respira in queste ore intorno alla Roma. Il calcio italiano ha snobbato platealmente una delle più grandi ingiustizie arbitrali ai danni del nostro Paese. Troppo impegnati a sorridere per i patteggiamenti, troppo imbarazzati di fronte alla sfuriata di Mourinho nei confronti di Rosetti figlia anche di un anno di ingiustizie che non si vedevano dai tempi di Zeman. Da ieri si sono registrate decine di prese di posizione. Alcune paradossali. Poi è arrivata la sfilza dei predicatori a senso unico: da Marchisio a Guardiola passando per alcuni organi di stampa. Come se la colpa di una sedia tirata a un tifoso del Siviglia (questo mestiere presuppone anche il racconto della verità per quanto possibile) sia colpa delle critiche di Mourinho a Taylor. Fosse così ogni politico, ogni allenatore, ogni ospite dei talk show sarebbe responsabile di una infinità di crimini.

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Tutti contro il personaggio antipatico, che lo è perché non si allinea al pensiero comune di una società e di un Paese che accetta solo lacrime di maggioranza. Scacciate via quei pensieri, coccolatevi quelli che appartengono solo a noi. Il discorso di Mourinho alla squadra è la migliore medicina ai vostri sospiri di dolore. In quelle parole c’è la caratura dell’uomo, c’è la sicurezza del domani. Il tecnico, a meno di ribaltoni al momento inattesi, resterà qui a difendere ancora i suoi ragazzi. Forse non vale un trofeo europeo, forse non vi basta per rientrare al ristorante o uscire dalla doccia con il sorriso sulla faccia. Ma un po’ quel dolore lo lenisce, un po’ quei nemici che mercoledì erano divisi tra pannoloni e fuochi d’artificio li rimpiccolisce. Avranno ancora un anno per sfogare le loro frustrazioni. A voi, eroi di Budapest o di Roma, può risuonare il verso di una canzone mai banale di Antonello Venditti:“Tenemose pe’mano. C'è solo questo de vero pe'chi spera .Che forse un giorno chi magna troppo adesso, possa sputà le ossa che so' sante”.