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Roma, l’esotico non è più di moda. Pinto spegni il software

LaPresse

Ora non è più tempo di sorprese e scommesse, ma di semplicità: un tecnico che parla già da tempo la lingua della Serie A

Francesco Balzani

Marzo è un mese particolare per la storia di Roma. Dalle Idi poco amate da Giulio Cesare alle proclamazioni di pontefici come Papa Francesco. Ma è pure il mese della primavera, e in qualche modo della rinascita. Marzo per la Roma, soprattutto nelle ultime stagioni, è il mese in cui si getta tutto e si ricomincia. Con sogni, speranze e idee di cambiamento. Purtroppo perché vuol dire che gli obiettivi stagionali sono andati anche se quest’anno c’è ancora una Europa League da giocare. Marzo, questo marzo, è il mese in cui ci si è resi conto che con Paulo Fonseca la storia era finita da un po’. I Friedkin sono chiamati quindi alla loro prima grande scelta da presidenti della Roma. Anzi forse la seconda perché l’arrivo di Tiago Pinto per quanto poco festeggiato è stata una decisione fuori dal comune. Ci hanno stupito i Friedkin, ma ora non è più tempo di sorprese e scommesse. L’esotico, il prospetto, l’intuizione hanno straziato una piazza che in questi anni ha dovuto fare i conti con i tablet di Luis Enrique, i software americani, i sorrisoni di Italo Zanzi e i preparatori canadesi. “La vita è molto semplice, ma noi insistiamo col renderla complicata”, diceva Confucio.

La via della semplicità oggi dovrebbe portare a un tecnico che parla già da tempo la lingua della Serie A, che non ha bisogno di traduzioni per comprendere qualche brusio di spogliatoio. La via porta ad Allegri, Sarri o Gattuso. Una via che i dirigenti italiani (quei pochi rimasti) hanno consigliato da tempo ai Friedkin mentre Pinto starebbe pensando ad altre strade (speriamo non sia percorribile quella che porta al laziale Conceicao). E allora un consiglio spassionato a Dan e Ryan: mettete in pausa i motori di ricerca, spegnete i software. Guardate i risultati, annusate ed ascoltate i pensieri di una tifoseria, rileggete la storia della Roma. L’esotico, se si fa eccezione per Eriksson, ha funzionato poco e male in quasi 100 anni. Si è vinto con allenatori rodati, straconosciuti, navigati in questi mari: Liedholm, Capello, Spalletti. Ci si è andati vicino con Ranieri e Ottavio Bianchi. La Roma non ha bisogno di un altro mago venuto dall’estero. La Roma non deve più snaturarsi, ma essere rinaturalizzata. La Roma non è Football Manager.