Non c'è più la Nike nel futuro della Roma. Il club di Trigoria ha annunciato stamattina la risoluzione ufficiale del contratto col brand americano, che però continuerà a fornire il materiale tecnico anche per la prossima stagione. Le nuove maglie sono già pronte (è stata vista in vendita in un negozio in Francia), ma quella ispirata alla "ghiacciolo" del 1979-1980 sarà l'ultima col baffo. Un rapporto, quello tra Roma e Nike, che aveva proiettato la società giallorossa tra le grandi del calcio europeo dopo l'interruzione burrascosa con Robe di Kappa.
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Roma, l’accordo con Nike non piaceva a Pallotta: ecco i motivi della separazione
I tentativi di rinegoziare i termini del contratto non sono andati a buon fine. Il presidente aveva lamentato problemi di distribuzione, che si sono verificati anche quest'anno
Nel 2014 Pallotta firmò un contratto decennale che prevedeva il riconoscimento di un compenso fisso annuale di 4 milioni (che da questa stagione era salito a 4,1 milioni) più bonus, oltre a circa un milione ulteriore di ricavi per quanto riguarda la fornitura di prodotti. Troppo poco (e con una durata troppo lunga) per la Roma e per lo stesso Pallotta, che tre anni fa già ne parlava così: "Noi dobbiamo fare andare meglio le cose con la Nike, se devo essere onesto. Non sono assolutamente soddisfatto del nostro accordo".
Roma-Nike, i motivi della risoluzione del contratto
C'è la fee annuale troppo bassa quindi alla base della risoluzione anticipata del contratto, che aveva scadenza 2024. Nell'accordo firmato ormai sei anni fa era inserita anche una percentuale variabile (tra il 7,5% e il 12% in funzione dell'effettivo fatturato netto) sulle vendite effettuate nel corso di ciascun anno di contratto oltre al 50% dei proventi netti di qualunque prodotto commercializzato con nomi, loghi, marchi o diritti di immagine collettiva della squadra di proprietà o nella disponibilità della Roma. In più alcuni bonus legati al raggiungimento degli obiettivi sportivi raggiunti, con un malus specifico in caso di mancato ingresso in Champions League, che i giallorossi potrebbero mancare per il secondo anno di fila. La separazione era già nell'aria (tanto che nei mesi scorsi si è fatto il nome del brand Under Armour) visto che i tentativi di rinegoziare l'accordo non sono mai andati a buon fine.
Secondo il contratto, Nike aveva a disposizione anche una clausola per interrompere il rapporto o ridurre il compenso in caso di mancata partecipazione alle coppe per due stagioni consecutive e quella che le consentiva di "terminare il contratto prima che la Prima Squadra inizi a giocare le proprie partite casalinghe presso il nuovo stadio, in caso di cambio di controllo del club o della persona o entità che direttamente o indirettamente lo controlla, di fusione o di altro trasferimento che coinvolga o riguardi il club o tutti i beni del club ad una persona o entità che non ne avevano il controllo alla data di stipula del contratto". Non c'è questo però alle spalle dell'addio, visto che la Roma ufficialmente non ha ancora un nuovo proprietario.
Pallotta e le lamentele sull'accordo con Nike
Ma quella sul contratto non è stata l'unica lamentela di James Pallotta nei confronti di Nike. Era il giugno 2015 e il presidente americano ne parlava così: "L'accordo con loro ci garantirà notevoli incassi nel corso del tempo. Ma non siamo contentissimi della loro produzione, fondamentalmente devono darsi una mossa perché abbiamo una grossa domanda a livello mondiale e sta a loro aumentare la distribuzione: non farà loro piacere sentire queste parole, producono bellissimi kit ma ora bisogna venderli". E qualche piccola difficoltà i tifosi l'avevano notata anche in occasione dell'uscita ufficiale della terza maglia blu, che per giorni è stata introvabile in alcuni dei Roma Store della capitale a causa di problematiche nella distribuzione della stessa Nike, facendo arrabbiare i titolari. A Calvo adesso il compito di trovare un'alternativa più ricca e soddisfacente per le casse del club.
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