Cercare una spiegazione è difficile. In molti lo state facendo, anzi lo stiamo facendo. Stanchezza? Intensità? Sfortuna? Tutte le opinioni sono valide e al tempo stesso smentibili. La sconfitta con la Cremonese arriva a 5 giorni dalla partita più bella della Roma di Mourinho, e porta in seno forse uno dei dispiaceri più grandi. Ma non è la prima volta, e nemmeno la secondo o la terza. A Trigoria c’è un male endemico, una patologia che di tanto in tanto risale a galla a prescindere da chi c’è alla presidenza, in panchina o in campo. Lecce 1986, Venezia 2002, Ancona 2004, Livorno 2009, ancora Venezia 2021. La storia della Roma è piena di inciampi dolorosissimi contro squadre già retrocesse, o quasi. Un harakiri, una sorta di masochismo intrinseco che non sembra avere cura. Toccare il cielo con un dito, e poi crollare a terra come se da sotto le gambe qualcuno avesse dato un calcio alla scala che vi aveva portato fin lassù.
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Roma, il male che non passa: la Cremonese dopo Lecce, Venezia, Ancona e Livorno
Trigoria c’è un male endemico, una patologia che di tanto in tanto risale a galla a prescindere da chi c’è alla presidenza, in panchina o in campo
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A Cremona tutto quello che poteva andare storto ci è andato. Contro una squadra che non vinceva in serie A da 27 anni e che già ti aveva fatto male in coppa Italia. Il minimo comun denominatore con le partite drammatiche sopracitate è stato l’approccio. Un po’ sbruffone, come se la posta in palio (altissima) fosse in realtà già in tasca. Così giocatori come Barbas, Maniero, Diamanti, Okereke e Ciofani ottengono il loro angolo di gloria prima di tornare nel dimenticatoio. Così campioni come Ancelotti, Batistuta, Totti, De Rossi e Dybala crollano a terra come Golia contro Davide. Con Mourinho speravamo la musica fosse cambiata, ma non è così. Non ancora almeno.
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