Ieri pomeriggio si è concluso l'incontro fra Gasperini e la società giallorossa in uno degli hotel di proprietà dei Friedkin. Un meeting che sembrava potersi concludere con una fumata bianca che, in realtà, non è (ancora) arrivata. Il tecnico piemontese non è più sicuro di firmare con la Roma e ha chiesto del tempo per decidere. Il suo dubbio fondamentale rimane quello legato al Fair Play Finanziario: i giallorossi, come spesso ricordato da Ranieri, non potranno spendere sul mercato a causa del Settlement Agreement firmato con la UEFA nel 2022. Un accordo che porta con sé restrizioni decisamente pesanti, a cui sono sottoposti anche altri top club europei che, però, sembrano avere meno problemi rispetto alla Roma. Ma come hanno fatto Manchester City e Chelsea ad aggirare il FFP?


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Roma-Gasp, il nodo è il Fair Play Finanziario: ecco come l’hanno aggirato i top club
Gli escamotage dei top club inglesi
—Il Financial Fair Play, nato come una norma "democratica", in realtà non ha mai tutelato i più deboli e in diverse occasioni ha dato una mano ai club più grandi. Il Manchester City, dal 2008 ad oggi, ha costruito una delle squadre più forti del mondo spendendo più di due miliardi di sterline. Ma anche il Chelsea, che qualche giorno fa abbiamo visto alzare al cielo una coppa europea (grazie anche ai 460 milioni spesi solo nella sessione estiva 2023), dopo qualche anno di Purgatorio sta tornando nell'élite del calcio grazie ad alcuni escamotage.
Il club di Londra, dopo anni di spese folli sul mercato, è riuscita ad aggirare i paletti del FFP con una semplice mossa: far firmare contratti lunghissimi (anche di 8 anni) ai nuovi calciatori. Le plusvalenze delle cessioni vengono contabilizzate subito, mentre i costi dei nuovi acquisti vengono spalmati sugli anni di durata del contratto del giocatore (il cosiddetto "ammortamento"). Così, se ad esempio parliamo di un acquisto da 80 milioni e il contratto è di 8 anni, il saldo sarà solamente di -10 milioni in ogni stagione. Oltre a questo, i Blues sono riusciti anche a superare i limiti del Protocollo di sostenibilità e redditività (il FFP della Premier League), tramite alcune entrate piuttosto sospette: come scrive il Times, lo scorso anno la nuova proprietà - la holding BlueCo 22 Ltd - ha guadagnato improvvisamente 76 milioni di sterline dopo aver ceduto alla BlueCo 22 Properties Ltd due hotel di Fulham Broadway (parte del patrimonio immobiliare del club). Permettendo al club di dichiarare una perdita di soli 89,9 milioni rispetto ai 164 che avrebbe avuto senza questo accordo.
Il caso di Manchester City (e PSG)
—Il caso più "famoso", poi, rimane quello del Manchester City che è ancora sotto processo dopo le 130 accuse mosse dalla Premier League per presunte violazioni finanziarie. In particolare, il club - che nega ogni illecito - è accusato del mancato fornimento di informazioni finanziarie per nove stagioni (tra cui i ricavi da sponsorizzazioni e compenso di Roberto Mancini dal 2009 al 2013). Ma il verdetto deve ancora arrivare (i Citizens rischiano anche la retrocessione). Per quanto riguarda la UEFA, invece, il Manchester City è rimasto in regola grazie alle entrate faraoniche provenienti, per la maggior parte, da accordi commerciali, tra cui la sponsorizzazione decennale di 400 milioni di sterline da parte di Etihad Airways. Discorso analogo per il Paris Saint Germain (che domani sera giocherà la finale di Champions League) che negli scorsi anni ha ricevuto compensi pari a 150 milioni all'anno dall'Ente del Turismo del Qatar - anche se per per alcuni consulenti della UEFA il contratto con l’Ente del Turismo valeva meno di 5 milioni annui. Il verdetto della UEFA? Una multa da 60 milioni di euro (pagabili in tre anni), un salary cap per le successive stagioni e la riduzione delle rose per la Champions a 21 elementi.
Federico Liuti
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