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Roma e Barcellona, amori sognati e delusioni feroci: il filo diretto da Guardiola a Keita

Valerio Salviani

Col Barcellona ha vinto tutto, da protagonista, da leader del centrocampo. Arrivato dopo aver stupito con il Siviglia (scoperto da Monchi), ha vissuto quattro anni intensi, a pieni polmoni dentro la filosofia Barcellona. Ha contribuito a 14 titoli, sotto la guida di Pep Guardiola, uno che a Keita avrebbe messo in mano la sua stessa vita (“una delle cose migliori che mi sono capitate” disse di lui Pep). L’avventura a Roma è arrivata nella fase calante della carriera del maliano. Eppure Seydou ha trovato il modo di essere speciale anche in giallorosso. “Il professore” lo chiamavano, per la sua capacità di gestire i palloni in mezzo al campo e il suo carisma che ha saputo trasmettere anche a uno come Francesco Totti. Negli occhi quel siparietto a Marassi, quando Keita è corso dal numero 10 al momento del suo ingresso in campo per dargli la fascia, ma ricevendo un ‘no’ secco. Un gesto di grande rispetto, per un uomo che non si è mai nascosto. “Con Garcia è finita male ma la colpa è di noi giocatori che scendiamo in campo” ha detto dopo l’esonero del francese. Uno come lui da queste parti farebbe ancora comodo.

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