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Roma Capoccia, quando vi pare

LaPresse

L'amore improvviso per la capitale cozza coi bisogni di un club in profondo rosso che riceverebbe una bella boccata d’ossigeno dalle cessioni di giocatori ormai poco utili alla causa

Francesco Balzani

Quanto sei bella Roma”. E’ un coro unanime che unisce idiomi argentini, olandesi, portoghesi e italiani. Ed è sempre bello sentirselo dire soprattutto in momenti come questo. E’ bello ascoltare i giuramenti d’amore di giocatori come Pastore, Karsdorp, Kluivert, Juan Jesus. Così bello da sembrare un po’ forzato, a tratti paraculo. Anche perché questo improvviso amore per la capitale cozza coi bisogni di un club in profondo rosso che riceverebbe una bella boccata d’ossigeno dalle cessioni di giocatori ormai poco utili alla causa e con lo stipendio che risolverebbe i problemi di centinaia di romani veri. Così “li passeracci so' usignoli”. Tutto è tornato aulico. Peccato che proprio gli olandesi Kluivert e Karsdorp tempo fa non sono stati per niente delicati con Roma. “Meglio Amsterdam senza dubbio, anche le donne sono più belle. E poi meglio vincere l’Europeo in Olanda che la Champions qui”, musica e parole di Justin che in questi giorni ha parlato più del PremierConte. Karsdorp ha fatto di peggio: “Andare via da Roma è stato come togliermi un peso dalle spalle. In Olande si vive meglio, ci sono più risate nello spogliatoio. A Trigoria sei solo, ero sotto choc”. Oggi il terzino amante dell’infermeria ha cambiato idea: “Voglio riprovarci, dammi una seconda chance”. E poi complimenti per tutti: da Di Francesco a Ranieri passando per Fonseca. Sarà che il Feyenoord lo ha scaricato? Ma no. Poi ci sono Pastore e Juan Jesus che sulle casse della Roma pesano un totale di quasi 7 milioni netti a stagione. Roba da top player. Roba da pazzi. “Cina, no grazie. Voglio restare qui altri 3 anni”, ha detto el Flaco che non gioca una partita da titolare da novembre. “Voglio restare qui a lungo”, l’eco del brasiliano. Colpa loro? No, perché i contratti si firmano in due. Però l’amore spesso si dimostra anche rinunciando, ascoltando le necessità dell’altro. La Roma ha necessità di vendere e di liberarsi di stipendi importanti. Non di parole.