L'As Romadovrà saldare un debito di imposta di quasi quattro miliardi di vecchie lire (oltre alle sanzioni) per omesso versamento dell'Iva sui compensi ricevuti, nel 2000, dalle altre società di calcio per le partite giocate in trasferta. L'esborso, infatti, derivando dalla vendita dei biglietti non può essere considerato, come invece sosteneva la società capitolina, a carattere mutualistico. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, ieri, rigettando il ricorso della società. Accolto invece il ricorso nella parte in cui chiedeva la rideterminazione in senso più favorevole delle sanzioni. Come rivela Francesco Machina Grifeo su 'Il Sole 24 Ore', la questione affrontata dalla V Sezione Tributaria, dunque, riguarda l'intrecciarsi della normativa Associativa di fonte privatistica della Figc, che obbliga a destinare parte dei ricavi allo società ospitata, con la legge statale che prevede la natura imponibile dell'operazione. La Cassazione, per prima cosa, rileva che dalla Riforma del diritto societario del 2004, "la natura mutualistica non è più sinonimo di neutralità fiscale".
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Ricorso respinto: la Roma dovrà saldare debiti per 4 miliardi di lire per omesso versamento dell’Iva
La Cassazione ha confermato la sanzione ai giallorossi per i mancati pagamenti delle imposte sui compensi ricevuti nel 2000 per le partite giocate in trasferta
Secondo, nella fattispecie non ricorrono comunque gli estremi della erogazione mutualistica. "Il denaro incassato dalla società ospitante - spiega infatti la decisione - è il corrispettivo di un servizio (lo spettacolo calcistico), che essa offre al pubblico, il quale paga il prezzo del biglietto per assistere alla prestazione sportiva". "Da tanto discende che, nel momento in cui la normativa associativa interviene per disciplinare la sorte di tale somma, imponendone un riversamento parziale alla società ospitata, non vi è alcuna modificazione della natura dell'incasso, che resta sempre e comunque un corrispettivo per la prestazione del servizio che entrambe le squadre rendono al pubblico pagante". Tutt'altra natura hanno invece i "premi di preparazione", ritenuti erroneamente assimilabili dalla ricorrente. Essi infatti, venendo imposti alle squadre di categoria superiore per ricompensare quelle inferiori del contributo alla formazione del calciatore, effettivamente "potrebbero corrispondere ad una finalità mutualistica calcistica". Nel caso specifico invece siamo di fronte ad un "ricavo tipico", come risulta anche dalle stesse Raccomandazioni contabili della FIGC.
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