Istant team, ma non solo. Chi dipinge José Mourinho come uno in grado di vincere e lavorare solo con giocatori già formati forse conosce poco la carriera dello Special One che nei suoi illuminanti viaggi per mezza Europa ha fatto esordire 47 under 21 e valorizzato talenti o pseudo-tali che altrimenti si sarebbero persi. Un lavoro sulle gambe, quindi, ma soprattutto sull’anima dei giovani perché come dice Burdisso“Mou è uno che sa come toccarti il cuore e farti rendere al massimo”. Una gestione quindi a tuttotondo, un controllo paterno ma allo stesso tempo severo che ha reso il portoghese il migliore al mondo nel settore del convincimento. Quello che è mancato a Fonseca in questi due anni. Paulo ha fatto conoscere Ibanez, Milanese o Villar ma la loro esplosione è rimasta col timer inceppato. Con Mourinho, invece, sia big che giovani sono deflagrati.
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Mourinho, motivatore di talenti: da Zaniolo a Calafiori, ecco chi lo aspetta
Nella sua lunga carriera lo Special One ha lanciato giocatori che poi sono diventati campioni affermati, ma anche talenti come Balotelli
Da Casemiro a Pogba passando per Cech: Mourinho uno scopritore di talenti
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Una infornata di talenti da affiancare a campioni già affermati. E’ la ricetta di Mourinho sin da quando era ancora un semi-sconosciuto. A partire dal Porto dove non ha mai guardato all'età, ma solo alla qualità e all'adattamento. Nel 2004, ha vinto la Champions League schierando titolare Carlos Alberto, trequartista all'epoca diciannovenne appena arrivato dal Brasile. E non era il solo: Ricardo Costa e Hugo Luz. Al Chelsea ha fatto di meglio. Un esempio? Ha lanciato Cech fra i pali, il resto della carriera del portiere parla da solo. Al Real Madrid un tris di esordi e scoperte: Casemiro, Nacho e Morata, ancora oggi a dieci anni di distanza protagonisti in Europa. Luci ed ombre al suo ritorno al Chelsea dove non ha dato spazio a Kevin De Bruyne e Mohamed Salah, ma il tecnico si è difeso spesso dicendo di non aver mandato via l’egiziano ma anzi di averlo voluto con forza.
Zaniolo come Balotelli, Calafiori come Santon. I primi compiti di Mourinho
Mario Balotelli nel 2008, anno dell’arrivo di Mourinho all’Inter, aveva 18 anni. Aveva esordito con Mancini facendo vedere quelle doti che lo porteranno a essere uno dei testimonial italiani per antonomasia. I suoi colpi in campo, però, corrispondevano esattamente con le cavolate fuori. Mourinho l’ha messo in riga, ha usato il bastone più che la carota perché capì che con SuperMario non c’erano altri metodi. E il resto della carriera buttata di Balotelli lo dimostrano. Sotto la sua guida l’attaccante segnerà 21 gol giocando 71 partite, vincerà la Champions e vedrà il suo cartellino schizzare a 30 milioni. Quelli pagati dal City. Tanti i momenti di tensioni tra i due, come è fisiologico che sia avendo di fronte Balotelli. Ma il rendimento in campo era indiscutibile. Quello che forse serve a Nicolò Zaniolo, di certo non paragonabile a Balotelli per spocchia e presunzione, ma su una strada tortuosa dovuta non solo ai gravi ko. Troppe voci gossip e troppo social, tanti rumors su rapporti non idilliaci con qualche allenatore (vedi Ranieri o Di Biagio) e un futuro ancora tutto da colorare. Mourinho gli darà i pennelli giusti in mano. Un altro che potrebbe godere della sua capacità di motivatore è Riccardo Calafiori. E in questo caso vien da sè il paragone con Davide Santon. Mou lo ha fatto esordire a 17 anni e gli ha regalato la parentesi più gloriosa della sua carriera. Di lui in quegli anni si parlava come del nuovo Maldini."Il bambino è bravo” dichiarò nel corso di un’intervista ribadendo le forti capacità del giocatore. Santon l’ha sempre ringraziato: “Per me è stato un motivatore, una manna dal cielo”. Altri ragazzi ansiosi di vederlo entrare dalla porta dello spogliatoio sono Villar e Mancini. E pure i Primavera alla Zalewski, visti i precedenti, sperano.
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