C’è un troppo che stroppia, ci sono assurdità alle quali bisogna rispondere. In questa settimana di enfasi collettiva milanese per il ritorno di Lukaku a San Siro abbiamo evitato di mal tollerare il sentimento dei tifosi interisti. In qualche modo é da rispettare, se il dolore è stato così grande giusto esternarlo fischiando. Anche alcuni articoli sul passato di Romelu in nerazzurro in fondo si potevano non condividere, ma fa parte della letteratura del calcio. Il problema è quello che nelle ultime ore si sta scatenando intorno al Mostro Lukaku, dipinto in alcuni casi come il più grosso traditore della storia del calcio dopo Giuda dimenticando forse che due anni fa l’Inter ha deciso di venderlo al Chelsea e che in estate non ha voluto sborsare subito i soldi per riprenderselo. Ma andiamo oltre, cerchiamo di elevarci dalla diatriba prettamente di campo. Quello che abbiamo e avete forse letto nelle ultime ore è aberrante, va oltre ogni norma etica di giornalismo e responsabilità sociale. Leggiamo che vietare i fischietti (come se poi non si potesse fischiare con lingua e denti) porterà i tifosi interisti a fare ululati razzisti. E che in fondo è anche normale e nel caso succedesse sarebbe colpa di chi il divieto lo ha imposto.
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Lukaku e la Propaganda dell’odio che causa più danni dei fischi
Intollerabile, ingiustificabile anche solo pensarlo. È come giustificare la guida in stato di ebrezza se si vietano le sigarette, è come avallare l’uso di un’arma da fuoco se si vietano gli striscioni. Perché il razzismo è un’arma, e purtroppo lo sanno anche gli organi di informazione che rischiano così di alimentare odio e risentimento in una partita che è già diventata ad alto rischio (ci sono anche 4000 tifosi romanisti) e sulla quale ora forse l’Inter dovrebbe esporsi dimenticando le ferite del passato. Perché per quanto si possa non voler bene più a una ex nulla giustifica che sia messa in pericolo, anche psicologico. Se dovesse succedere qualcosa, qualsiasi cosa la responsabilità sarà anche nostra. E avremmo tradito ancora una volta la nostra vocazione. Mettersi una sciarpa al collo può andare bene visti i tempi, ma prendere il megafono è fomentare l’odio, il rancore, il razzismo no. Dovremmo ricordarci le parole di Horacio Verbitsky: “Giornalismo è diffondere ciò che qualcuno non vuole si sappia, il resto è propaganda”. Questa è propaganda, della peggior specie.
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