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La scelta di Cengiz e il caso Kanter, il cestista turco che vive fuggendo dopo aver sfidato Erdogan

Il messaggio di sostegno di Under al suo paese ha fatto infuriare i tifosi della Roma. Ma l’esempio del giocatore dei Celtics invita a una riflessione

Valerio Salviani

Cengiz Underha sbagliato. Mandare un messaggio politico (?) postando una foto con la maglia della Roma è stato un errore e il turco probabilmente ne pagherà le conseguenze. Quanto meno in termini di supporto. Da ieri migliaia di tifosi giallorossi hanno deciso di “abbandonarlo”. Il suo post su Twitter ha rappresentato per molti un endorsement a Erdogan e alla sua guerra contro il popolo curdo, una scelta “imperdonabile”. Ma se sei un turco con grande visibilità nel mondo occidentale, un post del genere non sarà mai una scelta fatta a cuor leggero.

Lo sa bene Enes Kanter, centro turco dei Boston Celtics che da ormai tre anni è costretto a “scappare” dalla sua nazione perché bollato come terrorista. Il motivo è il suo dissenso pubblico verso Erdogan (“l’Hitler dei nostri tempi” secondo lui) e l’appoggio a Gulan, leader del movimento Hizmet e mandante – secondo Erdogan – del tentato golpe del 2016.

Kanter vive le sue giornate da fuggitivo negli Stati Uniti in attesa di essere riconosciuto come cittadino americano. La Turchia ha emesso un mandato di cattura nei suoi confronti e tra le motivazioni ci sarebbero anche alcuni commenti suoi social nei quali appoggiava Gulan. La famiglia è stata costretta a disconoscerlo per non andare in galera. Inoltre, lo scorso gennaio, Kanter non ha preso parte agli NBA games di Londra per "paura di essere ucciso dalle spie turche". Una situazione di importanza politica di dimensioni incredibili.

Molti giovani giocatori turchi sono davvero convinti della politica di Erdogan, soprattutto dopo aver assistito ai diversi attentati che il PKK (gruppo paramilitari curdi che da decenni si batte per l’autonomia) ha messo in atto in Turchia negli ultimi anni. Ma la scelta, unita e convinta di tutti i più importanti turchi con visibilità in occidente (tra cui anche lo juventino Demiral), lascia spazio a diverse interpretazioni.

Kanter ha fatto la sua: “Come posso restare in silenzio? Ci sono decine di migliaia di persone in prigione in Turchia, tra cui professori, dottori, giudici, avvocati, giornalisti e attivisti – ha detto al Boston Globe -. Sono rinchiusi soltanto perché hanno detto di non essere d’accordo con Erdogan. Centinaia di bambini stanno crescendo all’interno di celle strette e anguste al fianco delle loro madri. Democrazia vuol dire avere il coraggio e la libertà di parlare, non dover essere rinchiusi in galera per questo”. E oggi, e per ogni giorno della sua vita, ne pagherà le conseguenze. E Cengiz, che dal turco si traduce imbattibile, forse non avrà mai la stessa forza (o voglia).