C’è un’immagine di ieri che evidenzia la distanza abissale che c’è oggi tra Roma e Inter nonostante il buonismo improvviso di Juric e i dati più o meno convincenti di fine partita. Intorno alla mezz’ora del secondo tempo in tribuna vengono inquadrati cinque personaggi: Marotta, Zanetti, Ausilio, Baccin e Alessio. Cinque dirigenti, tutti di alto spessore nei loro diversi luoghi di competenza. Cinque esponenti di spicco, in trasferta. Poi la telecamera deve essere corsa a cercare quelli della Roma. Ma in assenza di immagini è tornata sul campo. Scarso il cameraman? No. C’era Florent Ghisolfi, forse impegnato a dare una ripassata al dizionario di italiano dopo aver ripetuto a memoria la stessa pappa data in pasto da mesi alla tifoseria romanista: “Ci vuole tempo, abbiamo eliminato gli stipendi alti e preso giocatori più giovani”. E’ rimasto a fine agosto, dimenticandosi forse che poi in campo di nuovi acquisti ce ne erano solo due, anzi in quel momento solo uno. Accanto a lui il vuoto cosmico, il nulla. Una voglia di nascondersi atavica quella dei Friedkin e dei pochi dirigenti rimasti a Trigoria. Ma se prima c’erano Mourinho e De Rossi a prendersi applausi o pomodori, a seconda dei risultati, e a caricarsi il macigno sulle spalle, ora il giochino è finito. Tana, che non libera tutti purtroppo ma forse sarebbe arrivata l'ora di pensarci.
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Tana per i Friedkin, ora liberateci tutti
Il nascondino è concluso, anche quel fascino di non farsi trovare mai ha rotto le palle. La Curva Sud lo ha fatto capire a chiare lettere, ma l’orgoglio texano non ammette contraddittori. La Roma è rimasta sola, e in più è pure una squadra mediocre. Come dite? In campo ci vanno i calciatori e non i dirigenti? Visione miope, ma anche fosse così i giocatori vanno gestiti, puniti, rincuorati. E chi lo fa? Ivan Juric (9 mesi di contratto) è l’ultima delle vittime di una società allo sbando pronta a immolare l’ennesimo parafulmine per un nuovo colpo da cinema. E in questo caso il parafulmine, ci perdoni il croato, non è nemmeno di prima qualità. Così come non lo sono Pellegrini, Cristante o Zalewski. La stagione a fine ottobre sembra già finita, un record che ci riporta a 20 anni fa. Quella dei quattro allenatori e di una retrocessione sfiorata. La differenza è che l’anno prima avevi lottato col Milan per lo scudetto e l’anno dopo sarebbe arrivato Luciano Spalletti. La differenza è che c’erano Totti e De Rossi in campo, un presidente presente e una dirigenza formata da Franco Baldini, Daniele Pradé e Rosella Sensi. Nessuno di loro si nascondeva. Tutti conoscevano bene l’italiano, e anche il romano. Che mica è na’ vergogna eh?
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