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Roma, febbre e paura a 90 di una squadra senza capo né coda

Roma, febbre e paura a 90 di una squadra senza capo né coda - immagine 1
Siamo oltre la crisi, siamo al paradosso di una piazza che è costretta a gufare Cagliari o Venezia per non rischiare la serie B
Francesco Balzani
Francesco Balzani Collaboratore 

Febbri continue, ritardi di condizione, deficit tecnici e caratteriali. La Roma è un gigantesco centro di riabilitazione, un ospedale dove si guarisce a colpi di cambi allenatore per un paio di giorni. Salvo poi tornare nella condizione iniziale, quella che porta i tifosi romanisti a disperarsi e a vedere la serie B lontana appena due punti. Siamo oltre la crisi, siamo al paradosso di una piazza che si esalta un paio di giorni per un gol di un giocatore arabo contro la quinta squadra portoghese. Che è talmente depressa da accontentarsi di una rimonta sul Lecce di Giampaolo. Che è costretta a gufare il Genoa contro il Milan o il Venezia contro la Juve perché è meglio far perdere chi lotta per la salvezza di chi punta a un posto in Europa. I problemi di una stagione drammatica sono a monte, ma proseguono a valle. Non si salva ovviamente la società che nell’arroganza di volerne sapere più di altri ha scelto una catena di comando scevra da conoscenza del calcio italiano: la greca Souloukou, il francese Ghisolfi, i preparatori inglesi e un pilota americano. Chissà perché chi sta al comando in classifica si affida a dirigenti italiani. Sono solo meno originali? No, sono solo più realisti. La colpa è anche dei due allenatori che si sono seduti in panchina prima di Ranieri. Uno ha avallato un mercato di tanta brillantina e poca sostanza fino a pretendere almeno Koné ma lasciando passare il fatto che si potesse giocare in serie A con Celik titolare. Per non parlare della preparazione. Questa squadra ha più attacchi febbrili di un asilo nido, non è tollerabile. L’altro ha fatto più danni della grandine su un terreno già colpito da pioggia e siccità ignorando uno come Hummels, che oggi a Trigoria potrebbe aprire una scuola calcio tutta sua.

Poi ci sono i calciatori. A partire dal capitano che dopo un gol al Braga (e altri due divorati)  pensava forse di rivendicare un diritto di replica ai fischi meritati che si era beccato nelle puntate precedenti annunciando che il bene della Roma potrebbe essere lui anche in futuro. Se togliamo la parentesi europea con Mourinho fatichiamo a vedere dove lo sia stato in passato. E lo stesso riguarda il vice capitano e quello dopo ancora.   Per passare poi ai nuovi acquisti: l’attaccante da 35 milioni che ha un non precisato problema fisico e non si incazza nemmeno se lo picchiano e nessuno fischia, il centrocampista da 23 milioni che gioca a due tocchi davanti l’area manco fosse il miglior Pizarro, l’esterno da 30 milioni che si incarta su sé stesso facendoci rimpiangere Iturbe, il difensore che sogna il Real ma al cospetto del Sor Gabrielloni sembrava Loria con l’accento ispanico. A questi si aggiungono i vecchi reduci di piazzamenti mediocri e figuracce memorabili. No, non si salva nessuno. Non deve salvarsi nessuno tranne chi ci aveva messo in guardia sul probabile declino. Ma questa è anche la peggior notizia perché come si dice: "Tutti colpevoli, nessun colpevole".  La Roma è a due punti dal Cagliari di Nicola che nemmeno meritava di perdere sabato. Questa Roma, invece, ha meritato di perdere a Como. Come lo aveva meritato con Verona, Empoli, Fiorentina, Bologna, Napoli, Inter e Atalanta. “L’atteggiamento era giusto”. Ma quando mai, e lo diciamo anche a mister Ranieri che fin qui ci ha parlato con sincerità e affetto. Si salvi presto, non difenda chi non merita di essere difeso. Qui c’è da ribaltare tutto, c’è da pretendere al più presto un altro dirigente e un mercato gestito da persone che conoscano almeno l’albo d’oro della Serie A degli ultimi 10 anni. Non è più una questione di critica o di partitismo ideologico, ma di sopravvivenza spiccia.

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