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Di Francesco e il cubo di Rubik Roma: se il tecnico diventa capro espiatorio

Gli occhi della critica puntano il tecnico dopo il pareggio con l'Atalanta, ma l’analisi non può essere così scontata: il caso Strootman, le alternative, il mercato e l’addio di Alisson

Valerio Salviani

LaPresse

Partiamo da un presupposto, senza paura di smentita. I processi al 28 agosto, o meglio, alla seconda giornata di campionato, lasciano sempre un po’ il tempo che trovano e quel “troppo brutti per essere veri” tirato fuori da Di Francesco nel post-gara di Roma-Atalanta, sa più di verità di tutte le critiche che oggi piovono inesorabili sul tecnico stesso. Eppure, nell’antipatico esercizio della ricerca del colpevole che parte ogni volta che la squadra compie un passo falso, stavolta il dito della critica è tutto o quasi contro l’ex allenatore del Sassuolo. Per i tifosi e per qualche opinionista non ci sono attenuanti, il difetto deve stare per forza nel manico. Con un po’ più di lucidità è bene però porsi qualche domanda.

 LaPresse

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