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Onorare la maglia della Roma ep.8: Giuseppe Giannini

Capitano romano e romanista, con il 10 sulle spalle. Subito prima di Francesco Totti, subito dopo Agostino Di Bartolomei, l'identikit risponde al nome del Principe: Giuseppe Giannini

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Derby Lazio-Roma del 6 marzo 1994: la Roma è sotto 1-0 per un goal di Signori ma nei minuti finali Francesco Totti, subentrato nel secondo tempo e alla sua prima apparizione in un derby, si guadagna un calcio rigore. Sul dichetto si presenta capitan Giannini, l’idolo di sempre del giovane Francesco. Giannini tira, ma Marchegiani devia. La Lazio vince il derby e la roma rischia la rertocessione. Il capitano si presenta in sala stampa: «Ero il rigorista e sono andato sul pallone. Nessuna responsabilità ai miei compagni o all'allenatore». Polemiche dei tifosi, polemiche del presidente Sensi.

Due settimane dopo Giannini, con un esterno sinistro che bacia il palo, segna il goal del pareggio a Foggia scacciando l’incubo della Serie B e versa lacrime di gioia. È il destino dei capitani romani e romanisti della AS Roma: amati e discussi.

In una Roma di metà anni ’60, quella dei goal di Angelillo e Manfredini, nasce Giuseppe Giannini. I primi 3 anni di vita li passa nel quartiere africano, prima di trasferirsi con la famiglia a Frattocchie, dove inizia a giocare a calcio nel principale luogo di culto del luogo, dove il santo è suo omonimo. Prima di approdare al club giallorosso, passa per i campi del Tomba di Nerone e dell’ALMAS Roma, rifiutando anche una proposta del Milan.

Mentre le radio italiane passano “Sarà perchè ti amo” dei Ricchi e Poveri e “Maledetta primavera” di Loretta Goggi, entrambe reinterpretate dalla tifoseria giallorossa in alcuni cori della Curva Sud, Giannini esordice il 31 gennaio dell’82 nella sfida casalinga contro il Cesena. Il ragazzo ha solo 17 anni e Liedholm si rende conto che forse è ancora presto per il grande salto.

Peppe, che nel frattempo viene soprannominato Il Principe per l’eleganza mostrata sul rettangolo verde, indossa pazientemente la Felpa AS Roma 1981/82 per il resto della stagione e continua l’apprendistato dai maestri Falcao e Di Bartolomei. Non fa ancora parte della rosa che conquista lo scudetto nell’ ‘83, e nella stagione 1983/84 è Carlo Ancelotti a fargli da “chioccia” mentre Giuseppe annota 5 presenze con la prima squadra a fine anno.

È nell’Ottobre del 1984 che Giannini prende posto nel centrocampo della Roma. Dopo la cessione di Di Bartolomei al Milan e l’arrivo di Eriksson sulla panchina giallorossa la fascia è passata a Bruno Conti, mentre Falcao è alle prese con una condizione fisica non ottimale. Sul volo che da Roma porta la squadra a Torino è proprio Il Divino a dirgli che scenderà in campo al suo posto e che dovrà trascinare la squadra. Detto, fatto. La Roma incassa la rete dello svantaggio, ma pareggia dopo 10 minuti grazie a un gran goal del Principe. Nelle due stagioni successive Giuseppe gioca regolarmente segnando 5 goal a stagione. L’estate del 1987 è però quella della svolta: la fascia di capitano passa dal braccio di Ancelotti al suo e il ritorno di Liedholm alla guida della Roma fa sì che Giannini sia anche il miglior marcatore della squadra con 11 reti.

In questa stagione inizia ad essere chiamato più frequentemente in Nazionale maggiore. Prima di Totti e De Rossi è stato lui il romanista con le migliori statistiche con la maglia azzurra: 6 goal in 49 presenze.

Giocò un grandissimo mondiale a Italia 90, all’apice della sua carriera da calciatore. Suo il goal partita contro gli Stati Uniti nella seconda gara del torneo. Fu però l’ultima partecipazione con la Nazionale, in quanto Sacchi non lo vedeva adatto al suo centrocampo.

Ebbe la sfortuna di giocare in una Roma “tutta cuore e grinta”, sull’orlo del fallimento, che doveva vedersela con il Napoli di Maradona, il Milan degli olandesi e l’Inter dei tedeschi. Per il giocatore tecnico che fu, con visione di gioco e la capacità di segnare con entrambi i piedi oltrechè di testa, vinse decisamente poco: tre Coppe Italia.

Per 15 stagioni vestì la maglia della Roma, da sempre e per sempre l’ha tatuata sulla pelle.

È stato capitano della Roma successiva al secondo scudetto e precedente al terzo. È stato Principe tra due regni: quello di Falcao e Di Bartolomei e quello di Totti. Di quest’ultimo è stato idolo e modello da prendere come esempio.

Come Totti ha scelto l’amore dei tifosi e l’amore per la maglia. Come Di Bartolomei lasciò Roma per incomprensioni con la società. Come Totti e Di Bartolomei è stato capitano romano e romanista della Roma: amato e discusso.

Luca Rapetti