I tifosi giallorossi ormai lo sanno. E, purtroppo per loro, anche gli avversari. Quando la Roma guadagna un calcio di punizione nei pressi del limite dell'area, son dolori. Significa che sta per arrivare il momento di Miralem Pjanic. Rincorsa breve, sguardo alla porta, e poi battuta. Quasi sempre perfetta. Se Allegri si gode il suo Pirlo, spietato su calcio da fermo e non solo, Garcia non può certo lamentarsi del diamante bosniaco. Uno che in certe serate sa tirar fuori dal cilindro la soluzione vincente. Esaltando, risolvendo, dando spettacolo.
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Pjanic, le sette perle
Il talento bosniaco, contro l'Inter, ha ufficialmente superato Assunçao per numero di gol realizzati su calcio di punizione con la maglia della Roma
Ieri sera, contro l'Inter, l'ex Lione ha realizzato la sua seconda doppietta in giallorosso. Sedici i gol totali in tre stagioni e tre mesi, ben sette su calcio di punizione. Superato definitivamente Marcos Assunçao, uno dei migliori specialisti della storia romanista, che in tre anni (dal 1999 al 2002) ne mise a segno sei. La favola di Mire, allievo di un certo Juninho Pernambucano (ricordarlo non fa mai male), iniziò il 29 gennaio 2012, all'Olimpico, contro il Bologna. La prima magia, il primo capolavoro, sotto la Sud. Destro morbido, barriera scavalcata, portiere (Gillet, nell'occasione) imparabilmente beffato per l'1-1 definitivo dopo il vantaggio di Di Vaio.
Era giovane, Miralem. Ventun anni e mezzo. Ma un potenziale, soprattutto sui tiri da fermo, già chiaro agli occhi di tutti. Nella stagione seguente, altre due magie. Una ahinoi inutile, nel derby sotto il diluvio dell'11 novembre 2012, perso per 3-2 contro la Lazio di Petkovic. Una parabola dalla lunghissima distanza che trovò impreparato il distratto Marchetti. Dalla pioggia alla neve, certamente più piacevole ricordare il colpo da maestro del 24 febbraio 2013, a Bergamo, con Andreazzoli in panchina. Battuta classica, Consigli trafitto e provvisorio 2-1 per la Roma. La prima delle due uniche reti esterne di Miralem in giallorosso.
Con Garcia, l'ultima evoluzione. La crescita definitiva. E altri quattro gol su punizione, nel giro di un anno (o poco più). Il primo, il 18 ottobre, contro il Napoli. Una gemma fantastica nella serata forse più bella vissuta da Pjanic nei suoi anni romani. Capolavoro prelibato al 45', parabola impossibile per Pepe Reina, punito di nuovo nella ripresa, stavolta su rigore. Il 16 febbraio 2014, la quinta meraviglia, all'Olimpico contro la Sampdoria. Diversa dalle altre per stile ed esecuzione. Una botta potente e angolatissima dalla lunghissima distanza. Un mix di elementi: la classe propria unita alla forza nell'esecuzione di Totti e alla fantasia di Pirlo. E tanti saluti al malcapitato Da Costa.
Quest'anno, ecco il duplice affondo: l'aggancio e poi il sorpasso ad Assunçao. Prima con il fondamentale (anzi, vitale) gol di Parma del 24 settembre scorso, all'88', con la Roma seriamente in difficoltà al Tardini. Destro secco, perfetto, strepitoso alle spalle di Mirante. Poi, dulcis in fundo, l'ennesima "palletta" dolce messa lì, sotto il sette, contro uno dei portieri più forti del campionato, Handanovic, anch'egli piegatosi all'ispirazione magica del numero 15. Ora, dopo Assunçao, ci sarebbe un certo Francesco Totti da acciuffare. Anche se i 20 gol del Capitano in Serie A su punizione, ad oggi, appaiono davvero ineguagliabili. Poco importa. Quel che conta, per la Roma, è cercare di guadagnare più calci piazzati possibili vicino al limite dell'area. Poi, ci pensa Mire. L'artista dal piede caldo.
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