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Peruzzi: “Alla Roma ho fatto la sciocchezza più grossa, ma mi difese solo Viola”

L'ex portiere giallorosso si confessa e dice, finalmente, tutto. Perché ora sì che può parlare.

Redazione

L'immagine di Angelo Peruzzi che sta sulla riva del fiume ad aspettare il momento giusto per beccare un pesce non è esattamente la prima che ti viene in mente ripensando a Tyson.

Lo chiamavano così quando giocava ("e non è che mi piacesse tanto...") per la sua stazza e "perché ero uno esplosivo".

Che però a Blera, il suo paese, prima di indossare i guanti usava le mani in altro modo: "Quando i pesci si muovono, non li prendi. Devono essere fermi. Così non è che ho allenato i riflessi". A Condò Confidential, su GazzettaTv, Peruzzi si confessa e dice, finalmente, tutto. Perché ora sì che può parlare.

L'ESORDIO — "Durante Milan-Roma (13 dicembre 1987, n.d.r.) Tancredi si beccò un petardo vicino all'orecchio all'inizio del secondo tempo e svenne: Pruzzo mi disse che sarei dovuto entrare io perché non c'erano altri portieri. La situazione era drammatica, ma tranquilla. I miei compagni mi dissero che anche se avessi preso 10 gol, avremmo vinto a tavolino...."

DOPING — "È stata la peggior stronzata che ho fatto nel mondo del calcio (positivo alla fentermina quando aveva 18 anni): il Lipopill me lo diede un compagno perché venivo da uno stiramento e non volevo farmi di nuovo male, ma quando la Roma mi disse di fare ricorso dissi di no. Ho sbagliato, ho pagato con un anno di squalifica ed è stato giustissimo. Poi ebbi un paio di discussioni con i dirigenti della Roma, solo il presidente mi difese".

LA JUVE E AGNELLI — "L'Avvocato ogni tanto chiamava, sempre alle 7-7.10: la prima volta risponde mia moglie e mi dice "C'è uno che vuole prenderti in giro, dice che chiama da Casa Agnelli", ho messo giù. Ma poi richiamano e rispondo io: dopo 10 minuti di attesa, venne davvero lui al telefono. Mi domandava sempre: "Quanto pesi?". Una volta venne a vedere un allenamento con Gorbaciov e da dietro la porta mi chiese: "Quanti rigori pareresti a Platini?". E io: "Presidente, 3 o 4". E lui mi fa: "Io penso nessuno".

GOL FANTASMA — "Dopo un Empoli-Juve mi chiama l'Avvocato: "Forse quella è stata la parata più bella che lei ha fatto alla Juventus". In realtà avevo preso gol (da Biancone, n.d.r.). In quel momento non me ne resi conto, io mi girai e chiesi a quelli della Croce Rossa dietro la porta: risposero che era entrata di 20 centimetri. Volevo dire tutto a fine partita, non andai io in conferenza stampa".

PAPERE E TRIONFI — "Nella prima Juve di Lippi grandi meriti li ebbe Vialli: era uno che faceva gruppo, organizzava spaghettate fino alle 5 dopo i ritorni dalla trasferte, è stata la nostra arma vincente. In finale di Champions il gol che presi al 99% era colpa mia, poi andammo ai rigori e ne parai due. Prima della partita mi portarono una cassetta con i rigoristi dell'Ajax, ma di quelli che avevo visto tirò solo Litmanen"

NAZIONALE — "Nel 2000 mi sentivo forte, avevo fatto una grande stagione all'Inter così quando Zoff mi disse che sicuramente non avrei giocato, gli disse che non mi andava di fare il terzo portiere. Poi Buffon si fece male e Toldo giocò benissimo. Finito all'Europeo, sia io che Zoff andammo alla Lazio e lui mi disse che ero stato stupido, che alla fine magari avrei giocato io. Nel 2006 a Lippi dissi di sì, perché lui mi chiamò per fare il secondo di Buffon. Finita la partita festeggiammo come pazzi, poi siamo rientrati negli spogliatoi. Ero molto legato a Zidane, così andai a trovarlo, lui era lì che fumava una sigaretta, non abbiamo parlato dell'episodio".