(Corriere dello Sport - R.Boccardelli) Il solito, inimitabile Zeman. Distribuisce giudizi perentori e sentenze tecniche con la leggerezza di una farfalla, ispirando il sorriso e la riflessione. Elargisce titoli a piene mani per chi dovrà sintetizzare il suo pensiero, si riprende, occupandola a 360 gradi, la ribalta giallorossa. Tredici anni dopo, alla vigilia di un campionato che, a 65 anni, il boemo non vuole fallire. Sa che la gente ha scommesso ad occhi chiusi sulla sua Roma prima di tutto perchè è la “sua” Roma. E poi per tutto il resto. Una cambiale in bianco firmata dal popolo giallorosso che teme sì le imbarcate, ma freme ancora di più per le proverbiali goleade zemaniane. Tredici anni dopo sarà tutto, adesso devono seguirlo ancora possibile? Zeman ha una Roma complessivamente molto più forte di quella di fine secolo. Un Totti decisamente più stagionato e poi un manipolo di giovani forti e affamati guidati da De Rossi. Ma nel frattempo il calcio è cambiato e l’immutabilità del boemo è una qualità che rassicura o preoccupa? Zeman sa che non può fallire stavolta, perchè rispetto a tredici anni fa società e tifosi gli chiedono anche i risultati oltre al bel gioco, marchio di fabbrica.
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Nella testa e nelle emozioni di Zeman
(Corriere dello Sport – R.Boccardelli) Il solito, inimitabile Zeman. Distribuisce giudizi perentori e sentenze tecniche con la leggerezza di una farfalla, ispirando il sorriso e la riflessione.
QUEI DUE - La risposta su Nico Lopez e Lamela ( «sono alla pari, tutti e due non hanno ancora capito niente di quello che chiedo» ) oltre a strappare una bella risata ai frequentatori della sala stampa di Trigoria, ha segnalato ancora una volta la pignoleria e l’attenzione con la quale Zeman cerca di far crescere i suoi ragazzi. Proprio con i più giovani è più esigente ma anche più paterno ( «spero che Burdisso e Castan possano essere le riserve di Romagnoli e Marquinhos» ); quanto al perchè i due giovani sudamericani non fanno ancora il suo calcio è facile da spiegare. Entrambi, abilissimi nel dribbling a rientrare col mancino, si dimenticano troppo spesso di attaccare la profondità senza palla giocando invece spalle alla porta in attesa della sfera. Ricevendo il pallone sulla trequarti trovano le difese schierate e un bel mucchietto di avversari tra loro e la porta. Zeman vuole invece che l‘ultimo dribbling sia quello che li mette davanti al portiere. E ancora, vuole che quando l’azione si snoda dall’altra parte, Lamela o Nico Lopez, chi sta in campo, tagli veloce verso l’aera piccola per farsi trovare in zona gol. Una cosa che, tornando alla sua prima Roma, aveva capito alla perfezione Marco Delvecchio, mai così prolifico come con il boemo, con reti segnate spesso e volentieri appoggiando il pallone in gol all’altezza dell’area piccola, dopo il taglio in area a caccia dell’assist che arriva dal centro o dall’altra parte.
PRONTI, VIA - Insomma, il solito Zeman che insegna e fabbrica calcio spettacolo, Zeman che proverà pure una qualche emozione (riuscirà sicuramente a mascherarla ma qualcosa dentro gli dovrà pur ribollire) davanti alla muraglia giallorossa che stasera gli si parerà davanti osannante, fiduciosa. Il boemo cercherà di ripagare tanto entusiasmo con una delle sue partenze sprint. Facciano pure i debiti scongiuri i tifosi romanisti, ma nelle sue due “prime” di campionato in giallorosso, il boemo centrò due spettacolari vittorie: 3-1 a Firenze contro l’Empoli di Spalletti nella stagione 97-98, il giorno della morte a Parigi della principessa Diana, con Delvecchio che segnò il primo gol del campionato; e ancora 3-1 l’anno successivo ai danni della Salernitana con la squadra campana in vantaggio per 1-0 all’Olimpico. Sul “non c’è due senza tre” qualsiasi gesto o rito esorcizzante è consentito.
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