Stadio vuoto, Trigoria desolata: adesso a Roma per contestare la squadra e la società si prediligono i muri e i cartelloni pubblicitari. Magri anche qualche carota o uovo. Tra coloriti inviti ad andarsene, rivolti a dirigenti e giocatori, fino a degenerare in minacce di morte: “11 calciatori 11 bare”. Questo è il clima di avvicinamento a Roma-Genoa di domani pomeriggio, ultima gara del 2015 giallorosso, chissà se anche l’ultima di Rudi Garcia. Un tecnico al centro del ciclone, scaricato dai tifosi e in parte dalla società, forse anche da qualche calciatore. Nonostante le parole odierne di James Pallotta (“non prendo decisioni basandomi sul risultato di una partita”), si aspettano soluzioni drastiche in caso di non vittoria contro la squadra di Gasperini, reduce da quattro ko consecutivi.
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Garcia non cede: “Penso solo ai tre punti”. Pallotta smentisce i contatti con Mourinho: “Sciocchezze”
GARCIA RESISTE E pure il francese non molla. Oggi in conferenza stampa ha resistito all’assalto al suo fortino. “Non penso se domani possa essere la mia ultima partita qui, ho altre cose in testa. Voglio solo vincere, sono tranquillo e combattivo”. Non si mostra particolarmente testo, o almeno ci prova. Mister Garcia è in bilico da giugno, momento buono secondo molti per “farlo fuori”: 6 mesi di dubbi e critiche sembrano però averlo fortificato, più che abbattuto. Tanto da fargli respingere anche ogni illazione su una presunta scarsa comunicazione con Walter Sabatini sui temi di mercato: “Ci sentiamo tutti i giorni, mi informa su tutto. Vedo più lui che alcuni membri della mia famiglia”. E sulla vicinanza del resto della dirigenza, dopo aver glissato in un primo momento, torna sull’argomento: “Parlo ogni giorno anche con Baldissoni, dopo l’eliminazione in Coppa Italia ho parlato con il presidente”. L’ex Lille non si spiega le ultime prestazioni dei suoi: “Arriviamo carichi e poi giochiamo così, bisogna ritrovare l’entusiasmo. Perché dopo due anni siamo a questo punto? Perché non vinciamo dall’8 novembre, ecco tutto”. Poco convincente, forse anche per se stesso.
MOU, SOGNO IMPOSSIBILE Ed è per questo che, senza ombra di dubbio, la società sta vagliando da giorni ogni possibile alternativa. Il toto-nomi è iniziato un minuto dopo l’ultimo rigore calciato dallo Spezia mercoledì sera all’Olimpico: Lippi, Spalletti, Mazzarri, Bielsa. Il primo come traghettatore per passare poi il testimone a un suo ex calciatore, ovvero Antonio Conte (ma solo dopo l’Europeo francese, che finisce il 10 luglio), gli altri tre con contratti più lunghi. Ma qualche burlone ha voluto mettere nel mucchio anche lo Special One Mourinho, appena esonerato da Abramovich a causa delle pessime prestazioni del Chelsea in Premier. Burlone, sì, perché il portoghese lo scorso maggio prolungò il contratto con i Blues, con sostanziale ritocco dell’ingaggio da 10 a 12 milioni di sterline l’anno, circa 16 milioni di euro. Una cifra pazzesca, pareggiabile da ben pochi club del mondo quali Psg, Real, City, United, Barcellona e Bayern Monaco. Sky Sport ha parlato di un “due di picche” di Mou alla Roma, servito proprio in queste ore, ma la smentita da parte della dirigenza giallorossa e in primis da Pallotta è secca: “E’ una sciocchezza – ha detto il proprietario anche in relazione ad una presunta cena con l’ex Chelsea – perché ero a Boston”. Chiuso il discorso? No, perché Pallotta ha parlato anche dell’attuale tecnico romanista: “Non decido in base al risultato di una partita”.
LE OPINIONI DI DUE EX Sebino Nela e Vincent Candela, due dei terzini più forti ad aver indossato i colori giallorossi negli ultimi trent’anni, hanno dato due interpretazioni leggermente differenti al momento buio della squadra. Nela, dovendo distribuire le percentuali di colpa per le brutte prestazioni e l’eliminazione dalla Coppa Italia, ha riservato la quota maggiore ai giocatori: “La società ha forse qualche responsabilità in meno, come l’allenatore, aumenterei la percentuale sui giocatori. Una volta lo spogliatoio era costituito dai senatori e dagli altri. Gli anziani trascinavano tutti, in questi momenti servono questi giocatori esperti che non abbiano paura. La squadra perde convinzione quando le cose non vanno bene. Nessuno prova le giocate e questo è un problema”. Il francese è più democratico: “Non è giusto addossare ogni colpa a Garcia, non è lui il male della Roma. Dalla società ai giocatori le responsabilità ci sono per tutti, quando si perde lo si fa in gruppo”. Su una cosa, però, i due ex calciatori sono d’accordo: Rudi non può fare da parafulmine.
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