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Juventus-Roma ‘Te lo dico su Facebook’: “Perché oggi Tavolino non ha giocato?”

(di Alessio Nardo) La cosa più raggelante, in fondo, è una ed una soltanto. Se avessimo dovuto anticipare di ventiquattr’ore la nostra rubrica, ipotizzando e immaginando l’eventuale scenario di Juventus-Roma, avremmo descritto una...

Redazione

(di Alessio Nardo) La cosa più raggelante, in fondo, è una ed una soltanto. Se avessimo dovuto anticipare di ventiquattr'ore la nostra rubrica, ipotizzando e immaginando l'eventuale scenario di Juventus-Roma, avremmo descritto una realtà molto simile (se non identica) a quella andata effettivamente in scena. Era nell'aria, era nelle cose. Chi conosce bene la Roma, le sue peculiarità e i suoi difetti, non può esser rimasto sorpreso da quanto si è visto. Lampante l'abisso tra due squadre diverse in tutto: nel carattere, nell'esperienza, nell'intensità, nella compattezza. Non è bastata un'intera estate, con cambio d'allenatore e pedine, a colmare un gap enorme. Il campo, ancora una volta impietoso, ha offerto il suo inappellabile giudizio.

Il sabato si era trasformato in un giorno di insana speranza. "Non sia mai...", "Hai visto mai...", "Beh, loro prima o poi dovranno perdere...", "Beh anche il 29 settembre 2001 vincemmo a Torino...", eccetera. Il solito processo di autoincoraggiamento interiore. Juve-Roma, la calda atmosfera, Zeman, tutto il resto. Gli elementi teorici per andar lì e fare il miracolo c'erano, ma la pratica è sempre un'altra cosa. Riviviamo l'incubo di Torino attraverso Facebook e la pagina ufficiale AS Roma, sempre densa di commenti, opinioni e sfoghi. Si parte, come sempre, con l'undici iniziale prescelto dal boemo. No surprise, solo conferme. E non manca il singolo preso di mira, che in questo caso risponde al nome (indovinate un po') di Maarten Stekelenburg, fresco di "papera" con la Samp. Il primo a parlare è Giorgio  ("No Stek no.."), poi Andrea ("Ancora Stekelenburg mamma mia") e Fabio ("Volemo Goicoechea"). Da buon juventino infiltrato, Luigi non ha pietà ("Tanto perdete"), Denny cerca di espandere ottimismo ("Roma mia sono due notti che faccio un sogno...spero si realizzi..."). Non manca il classico (e prezioso) contributo straniero. Oggi il commento prescelto è quello di Buedak: "Ayo Totti klahkn Juve .. tnjukin klo Roma krang bkn Roma yg dlu". Fatichiamo a capire se sia una vera lingua o parole scritte a caso sulla tastiera.

Le immagini pre-partita immortalano gli amorevoli faccioni dei tifosi juventini sugli spalti, durante le sublimi note dell'inno bianconero (una delle cose più orride che si siano mai sentite, roba che in confronto "Pazza Inter Amala" è da Grammy Awards). E' tutto un florilegio di sorrisi, gente che scherza, canta e si vuole bene. Poco importa se attorno a Zeman sia stato costituito un serpentone di steward onde evitare sputi, possibili attacchi fisici e lancio di topi morti. Siamo allo Juventus Stadium, è tutto un inno all'amore!! Che meraviglia!! Quando le squadre scendono in campo, ci si augura che la Roma ponga fine a questo scempio. Ma in realtà, la Roma stessa ne decreta un altro. Quello atletico, mentale e tecnico. I giallorossi, come lo scorso 22 aprile, reggono alla pari per circa uno o due minuti. Poi è la fine. A loro basta premere sull'acceleratore, e sono brividi forti (per non dire altro). Decimo minuto: Taddei sgambetta Marchisio al limite dell'area, punizione. Va Pirlo, la barriera è foltissima. Al regista azzurro basta appoggiarla delicatamente sul palo alla sinistra di Stekelenburg. Il pallone entra in rete con naturalezza estrema, senza opposizione. Siamo 1-0. Ormai nel mirino c'è l'olandesone. Parte il coro, da Fabrizio ("Dio, dammi la sicurezza di Stek!") a Vicenzo ("Stek almeno fai finta..."), da Massimo ("Un bel portierino") a Marco ("Bel portiere, ogni tiro un gol"), fino ad Alessio ("Domani cambio citofono, metto Stek"). Simone è sagace e previdente ("Ecco, abbiamo perso.."), Mauro idem ("Stasera se ne piamo solo 4 semo fortunati"). Tra i più fiduciosi c'è Gaetano: "Ragazzi, è appena iniziata. C'è tempo". Sì, per prenderne altri.

E infatti. La Juve attacca, la Roma soffre e crolla. Un'azione rocambolesca al 15' porta Castàn a commetter fallo di mano in area di rigore. L'arbitro Rizzoli non ha dubbi, dal dischetto va Vidal e Stekelenburg, per non stupire nessuno, non para. 2-0, olé. Due gol in un quarto d'ora, come l'anno scorso. "Qua finisce come a Manchester...", teme Damiano. Il capolavoro al 19': Vidal verticalizza, la linea difensiva romanista si dimentica di fare il fuorigioco e Alessandro Matri, a secco di gol da febbraio (!!) ritrova il sorriso (incredibile, eh?) trafiggendo il pur vigile Stek. Vittorio ironizza: "Beh dai non e' iniziata male...3 a 0 in 18 minuti". Battuto persino l'indecoroso record di Luis Enrique, che per prenderne tre impiegò mezzora abbondante. La gara, a più di un'ora dal triplice fischio, è già finita. L'avvilente auspicio di ogni tifoso giallorosso è che la Juve inizi a risparmiare energie in vista della Champions, evitando di seppellire di gol l'impotente avversario. Siamo a questo. E fortunatamente accade. Le due traverse di Marchisio e Vucinic giungono d'inerzia, la Juve giochicchia, non cerca il gol con la stessa fame di prima. La Roma riesce ad andare al riposo "solo" in svantaggio di tre gol, con Marquinhos al posto del febbricitante Balzaretti. La battuta migliore all'intervallo è di Daniele: "La Roma non si presenta a Torino, 3-0 a tavolino".

E' l'amaro deja vu di cinque mesi fa. Il pensiero comune è quello di tornare a casa il prima possibile, senza troppi gol sul groppone. Già basta e avanza l'umiliazione di una Juve forte, troppo forte. Zeman è una maschera in panchina, la Roma sembra un'allegra banda di scolaretti in gita premio. Un po' come il Cervia di Graziani che giocava le amichevoli contro le squadre di A, consapevole di dover fare orride figure ed incassare vagonate di gol. I gobbi, pur andando al piccolo trotto, creano sempre e comunque pericoli. La Roma tenta di costruire qualcosa. Gli ingressi di Perrotta (toh, chi si rivede...) e Destro per Totti e Tachtsidis ravvivano un po' la serata. Per circa sei o sette minuti siamo anche padroni del campo. E riusciamo a segnare, su rigore (procurato da Destro), con Osvaldo, che dagli undici metri spiazza Buffon. "Son soddisfazioni", dice Mohammed. "Evvaiii, e mò.. ce ripigliano a pallonate??", si chiede Sara. Più di venti minuti alla fine, lo sfacelo potrebbe quantomeno trasformarsi in un ko (quasi) onorevole. Potrebbe. La Roma in contropiede continua a subire, ma fa gioco, ritrova fiducia e tenta (seppur con leggerezza e scarsa personalità) di far possesso palla, sperando di trovare, dal nulla, lo spiraglio del 2-3. Chiaro il messaggio di Giordano: "Perrotta migliore in campo! E ho detto tutto".

Osvaldo avrebbe sul destro, in piena area, l'occasione per riaprire un match chiuso col lucchetto, ma la spreca, calciando debolmente tra le braccia di Buffon. I minuti passano, il 3-1 è quasi un sollievo (pensate un po'...), mentre quel gran simpaticone di Vucinic va in giro per il campo a rifilare calci insensati agli ex compagni Florenzi e Taddei, protestando a voce alta con Rizzoli. L'emblema della serata horror al 90': Barzagli parte dal limite della propria area, liberandosi con un sombrero di Taddei e lanciandosi in una spaventosa fuga alla Usain Bolt. Il centrale ex Wolfsburg, dopo aver percorso tutto il campo, trova la lucidità per improvvisarsi rifinitore, servendo tutto solo Giovinco in posizione regolare. Stekelenburg saltato, palla in rete, 4-1, Niente, nemmeno l'aglietto di un 1-3 con ripresa giocata "meglio della Juve". L'umiliazione è piena, tonda, gigantesca, roboante. Inutile riportarvi i soliti sfoghi, le solite critiche, i soliti obiettivi nel mirino. Preferiamo l'ironia di Simone ("Perché oggi Tavolino non ha giocato?") e Marco ("Penso positivo, l'anno scorso è finita 4-0!").

Sul resto bisognerebbe aprire un capitolo profondo. Ok, la Juve è più forte, ricorda De Rossi a fine partita. Verissimo. Ma non per questo si è legittimati ogni volta a prender tre gol in venti minuti (Parma e Chievo, nello stesso stadio, hanno resistito più di un tempo con porta inviolata). Lo scorso anno, nello 0-4 del 22 aprile, c'erano un altro allenatore e sette undicesimi diversi dal primo minuto. Cambiano tecnici e giocatori, non cambia la Roma. Sempre femmina, lenta, destinata a perdere senza combattere. Priva di gioco e di palle. Se c'è un virus a Trigoria, qualcuno lo estirpi. Perché non se ne può davvero più.