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Inter-Roma ‘Te lo dico su Facebook’: “La faccia di Moratti non ha prezzo…”

(di Alessio Nardo) San Siro è solo una vecchia maledizione. Risalente a quando? Agli anni di Zeman per esempio, ma anche all’epopea capelliana.

Redazione

(di Alessio Nardo) San Siro è solo una vecchia maledizione. Risalente a quando? Agli anni di Zeman per esempio, ma anche all'epopea capelliana.

Tutto è cambiato da quel 26 ottobre 2005, quando un signore chiamato Francesco Totti scucchiaiò rendendosi principale autore di un 3-2 memorabile in casa interista. Sì, da allora il Meazza non è più terra proibita e la Roma ha affrontato la trasferta più nobile (e dura) del campionato con piglio diverso. Più sicuro e consapevole, vincendo spesso (con Spalletti, con Ranieri, ovviamente NON con Luis Enrique...) e sciorinando prestazioni d'alta qualità.

L'obiettivo era proseguire, consolidare, rinforzare il feeling col suolo meneghino. Pur nelle difficoltà di un momento particolare: la StramaInter col vento in poppa, la Roma reduce dal pari col Catania e da un finale di calciomercato non esattamente "stellare". Insomma, le premesse peggiori c'eran tutte. Però Zeman è sempre Zeman. Maestro di calcio offensivo, mister che fa sognare. E dunque, è giusto sognare. Pur con Piris in difesa ed un Castàn ancora tutto da valutare; con Florenzi e Tachtsidis (due semiesordienti in Serie A) titolari dal primo minuto; con un attacco ben poco zemaniano, senza ali e con tre prime punte (Destro, Osvaldo e Totti). Sulla pagina ufficiale Facebook targata AS Roma, a pochi istanti dall'inizio dilagano dubbi, incertezze e pessimismo. Si va da Emyl ("Che dio c'aiuti") a Manu ("Non si può giocare con Florenzi e Tachtsidis, porca paletta..." ), da Andrea ("Rivoglio pizarro! santo Pek..") a Stark ("Ma Totti per forza titolare??"), da Aldo ("Levate Piris per Dio!!") ad Alessandro ("Nooo ma non ce ne fanno tanti....no no"), fino a  Pierpaolo ("Sapete che c'è? Il nostro campionato inizia col Bologna, la prossima..."). Addirittura.

Si parte con la speranza (sempre l'ultima a morire) ed un legittimo velo di timore. Anche perché dinanzi a noi, solo per parlar d'attacco, ritroviamo un certo Sneijder, l'ex Cassano e quel signorino che (assieme a Pazzini) ancora oggi rivive nei nostri incubi per aver distrutto, un paio d'anni fa, ogni nostro possibile sogno di gloria, vale a dire Diego Milito. Ma a noi checcefrega? Siamo la giovane Roma delle scommesse che affronta il suo presente, accettando il rischio della figuraccia pur di provare (sempre) a fare il gran colpo. E a San Siro c'è un'aria frizzantina, carina, simpatica. Iniziamo ad assaporarla al 15', dopo un inizio incoraggiante, quando Totti controlla da sinistra, dà un'occhiata al centro dell'area, scodella e coglie il più zemaniano degli inserimenti: ne è autore Alessandro Florenzi. Testa, gol, 1-0, daje così. Terza presenza in Serie A, primo acuto. Al Meazza.Un sogno.

E se alle 20.43 Florenzi era "un giovane inesperto totalmente inadeguato al massimo palcoscenico", alle 21.01 è "l'intermedio ideale di Zeman, già da nazionale, con Pjanic destinato all'eterna panchina". Bene. Chi, invece, nonostante gol e vantaggio non riesce a convincere è il Cicero paraguagio, l'oggetto misterioso degli oggetti misteriosi. Proprio lui, Ivan Rodrigo Piris. L'Inter, pasticciona e confusionaria, di attaccare sul proprio fronte destro (dove sgroppa Balzaretti) non ha la minima intenzione. Avanti tutta a sinistra, con l'obiettivo di annientare la flebile resistenza del povero Piris, in costante affanno contro chiunque. Palla al piede, però, la Roma è tosta, arrogante e piena d'energia. Sembra bello, ma sarà vero? Sì, almeno finché De Rossi, toccato duro da un malvagio avversario, non chiede il cambio a furia di smorfie. Entra Marquinho. Siamo a Milano, contro l'Inter, e del centrocampo titolare (Bradley, De Rossi, Pjanic) non v'è traccia.

La sensazione d'illusione iniziale seguita da uno schifosissimo risveglio si concretizza nei minuti di recupero del primo tempo. Chi ci fa lo scherzetto? Ovviamente lui, Fantantonio, all'esordio a San Siro con la maglia dell'Inter. E come? Nel modo più rocambolesco possibile. Bel controllo in area, coordinazione e destro. Mentre Castàn si rantola a terra, Burdisso impatta la traiettoria del tiro, Stekelenburg guarda in alto, il pallone scende, scende, scende, scende. Palo, gol. Maledizione. L'analisi tattica di Enrico è assai lucida:  "Che bucio de culooooooooooo". Per Nicola "la difesa va un po' migliorata...", Federico passa subito all'attacco: ?"Co Zeman se divertimo....Sarà, ma io cosi non me diverto!". Peccato, davvero. Anche se in fondo, conoscendo pregi e difetti di Zemanlandia, un gollettino dell'Inter era nell'aria. Ergo, ci sta. Il bello, semmai, è far credere agli avversari d'aver subìto il contraccolpo. D'aver le gambe tagliate. E al momento giusto, dimostrare che così non è.

La Roma, accompagnata dalla felice premonizione di Vincenzo ("Segnerà Osvaldo su passaggio di Totti...") si riscopre tenace, orgogliosa, a tratti prepotente. Padrona in terra nemica. L'Inter paga l'eccessiva gioia del post 1-1 e sembra quasi svagata, intorpidita, per non dire intimorita. Il tema è chiaro: mentre la difesa soffre, rincorre e suda, dalla metà campo in su Totti spadroneggia ("36 anni, il più forte di tutti", dice Fabio), Florenzi corre e rincorre, Osvaldo azzanna, Destro lotta, Tachtsidis fa legna e riparte, Marquinho inizia a prender confidenza con la situazione. E neanche la seconda defezione illustre (Balzaretti, ottimo, s'arrende ai muscoli fragili, al suo posto Taddei) frena le ambizioni giallorosse. E' il 67' quando una rapida ripartenza mostra le differenza tra ciò che era ieri, e ciò che oggi. Fraseggiare in orizzontale? Concezione calcistica sconosciuta all'attuale Roma. Si procede in verticale, passaggio dopo passaggio, uomo dopo uomo. Fino alla pedina giusta (Totti) deputata ad inventare. L'invenzione favorisce Osvaldo che, tutto solo a spasso tra i centrali di Stramaccioni, ferisce Castellazzi con un tocco soave e maligno. Simpatico cucchiaino, 2-1.

C'è chi invece di esultare già trema, ricordando rocambolesche notti di 4-5 mai del tutto epurate dalla mente. Il terrore di perdere 3-2 è nitido, ma la Roma non concede granché semplicemente perché fatica a non aver palla tra i piedi. Sembra di rivivere la prima era Spalletti, quella squadra giovane e ancora inconsapevole, ma già spettacolare e irriverente. Entra Lamela al posto di Destro, le occasioni fioccano fino all'81': Osvaldo, da sinistra, pennella per Marquinho. Il brasiliano in area, da posizione defilata, controlla in corsa e conclude in rete, cogliendo l'impercettibile spazio di luce tra il corpo di Castellazzi e la linea di porta. E' una magia, la terza. "Continuamo così che stasera se la ricorderanno pe n'ber pezzo", dice Giuseppe, seguito da Lorenzo ("La faccia di Moratti non ha prezzo..."). Gabriele lancia l'ideale sfida ai primi della classe, nonché campioni in carica: "Caro juventino impara da Zeman. Vinci senza gli arbitri". Sì, il boemo torna a vincere e lo fa da Re. In casa dell'Inter, dominando. In lungo e in largo. Con la macchia dell'ingenerosa espulsione di Osvaldo in extremis. Ora calma e sangue freddo, il percorso è lungo, insidie e incognite ancora molte. Abbiamo riavuto la Roma che volevamo e desideravamo. Spavalda e vincente. Starà a noi accompagnarla nel duro percorso verso la gloria.