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Social Tribuna, CSKA-Roma: il bisogno di spiegarsi una tragedia

Di fronte all'evento più improbabile e indesiderabile, i tifosi giallorossi sui Social Network cercano di dare un senso: colpa della squadra o questione di sfortuna?

Bruno Di Benedetto

"Che spreconi..." (Pina); "Avevamo fatto una bella partita, ormai era finita...", (Roberto); "Una palla da centrocampo non toccata da nessuno ed ecco il pareggio al 93': pare impossibile!" (Marco).

È finita in tragedia, ossia con un evento che ci si poteva aspettare, che non doveva capitare ed era improbabile capitasse - e che invece è capitato. Dice Nicolò che "se le partite di calcio durassero un minuto in meno, stasera saremmo qualificati". Una considerazione tanto vera quanto inutile alla luce dei nudi fatti: il CSKA pareggia all'ultimo secondo, il City vince all'ultimo minuto. "La sottile linea tra iella e capacità", come la chiama giustamente Raffaele, è varcata. Il futuro cambia: la Roma che fino a un secondo prima avrebbe vinto tutto sommato meritatamente, creando le occasioni più nitide, senza concederne di grosse, diventa una squadra di colpevoli, o di sfortunati a seconda di come la si vuole vedere. La sottile linea: sei stato sfortunato o sei responsabile del tuo male? 

Il caso, la necessità e il potere dell'uomo di poter determinare il proprio destino: sono tre ingredienti che determinano la visione del mondo di ognuno di noi. In assenza di una perfetta formula scientifica sulla questione, nella vita quotidiana ognuno sceglie, di fronte agli eventi, soprattutto quelli inaspettati, che cosa credere: esiste la fortuna? Oppure tutto doveva per forza accadere perché inserito in una cornice di senso più grande? Quanto la nostra fiducia o forza di volontà influiscono su ciò che ci accade?

Tali domande, nel corso della storia, se le sono poste tutte le maggiori civiltà e religioni, e non per caso; la risposta alle questioni sul destino sia strettamente legata alla felicità/infelicità dell'uomo. Un esempio tra mille, se si pensa che destino sia già scritto e diretto verso il bene da un'entità superiore ci si dovrebbe sentire sollevati dalle responsabilità e vivere più tranquilli. Ma la questione non è affatto così semplice, e non è nemmeno possibile dilungarsi qui. L'importante è che si sia capito il nesso. Altrettanto importante è il fatto che ieri sera pure i tifosi della Roma si ponevano questo tipo di domande, e pubblicavano le loro risposte sui social network.

"Viviamo di se e di ma, mai una certezza. Sempre noi a dipendere dalle azioni degli altri e mai gli altri che dipendano dalle nostre. Mai na gioia". È il commento di Danilo, tra i più apprezzati ieri sera su Facebook: una considerazioni sulla vita ("viviamo di se e di ma, mai una certezza"), sull'azione dell'uomo e sull'infelicità.

Un altro intervento, di Christian: "Ho 34 anni (26 anni da giallorosso): sempre sempre sempre così. Cambi allenatori, giocatori, presidenti, ma il risultato non cambia. Non riesco a spiegarmi perché. Alle partita che contano manchiamo sempre. Mai na gioia. E che c...". Ok, qui si leggono un po' troppi "Mai" e "Sempre". Mai una gioia, sempre soffrire: esagerazioni dettate da un dolore comprensibile.

Un altro pensiero tipico sul fato giallorosso: "È nel DNA della Roma purtroppo" (Daniel), e quindi non si può scampare: destino scritto e bisogna soffrire. Andrea poi pensa che "la sfortuna non esiste", e quindi evidentemente o che ognuno è padrone di ciò che gli accade, o che non lo è affatto. Infine c'è Stefano, che mischia bene gli ingredienti: secondo la sua visione la sfortuna può colpirti, ma solo se ti metti nella posizione di farti colpire. La responsabilità è quella di ridurre i rischi. Il caso è un avversario su cui ci si può avvantaggiare: "Prima o poi doveva succede, e contro l'Empoli abbiamo rischiato e c'ha detto bene, con il Cesena se entra quel corpo de testa finisce pari, con l'Atalanta soffriamo, prima o poi continuando a mettersi in queste situazioni, la batosta di arriva".

In qualsiasi porzione ieri sera si sia trattato di sfortuna, di destino o di incapacità, c'è una grande consolazione da tenere presente: che le considerazioni sul destino variano non solo di persona in persona, ma anche in noi stessi. Un giorno ci sembra che l'universo complotti contro di noi, che siamo stati troppo sfortunati... e un altro ci sentiamo potenti e padroni del nostro destino, a seconda di quello che ci succede. Alla fine, come si è detto, si tratta semplicemente di spiegarsi eventi apparentemente inspiegabili del mondo in modo da vivere meglio e in tranquillità. Finché l'uomo non scoprirà quale legge profonda governa l'universo, saremo tutti liberi, anche davanti alle peggiori "tragedie", di consolarci con la visione che preferiamo.