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Roma-Juventus: L'ISTANTANEA, Metterci la fascia

(di Paolo Marcacci) Più spigoli che rotondità, in questa serata umida in cui pungono gli errori più che le segnature, che senza errori nemmeno sarebbero state tali.

Redazione

(di Paolo Marcacci) Più spigoli che rotondità, in questa serata umida in cui pungono gli errori più che le segnature, che senza errori nemmeno sarebbero state tali.

La serata uggiosa raccoglie le goccioline che non colmano nessun bicchiere; certamente più quello della Juve comunque, cui la mezza posta lascia le velleità là dov'erano prima: in una cima che è più collina che montagna, nello stralunato torneo di Reja e Guidolin, con spruzzate di Mazzarri e pettinato da Conte. Sotto porta più che altro si sbaglia e si regala, come da copione in questo dicembre di shopping calmierato dalla crisi e vedrete che anche gennaio sarà così: più saldi che mercato.

C'è un però e ha il Dieci sulle spalle, che non si sforma neppure quando vede sfumare il rigore tirato meglio dopo quello all'Australia. La terra dei canguri, tra l'altro, a volte sembra meno lontana della Spagna e ognuno dia a questa frase l'interpretazione che crede. Di certo, quando c'è Lui tutto rifulge e, soprattutto, le magagne si mascherano meglio: reinventa una sporta di palloni, quasi tanti quanti ne butta Pirlo nel secondo tempo, forse afferrato per le caviglie dal terreno allentato.

Il Capitano della Roma, simbolo della stessa e monumento per i tifosi (non c'è più nulla di ovvio, dunque meglio ribadire ciò che a molti sembrerà tale), si ripresenta smaltato al punto tale da essere lucido e rimanere tale, fuor di metafora, persino dopo che Buffon schiaffeggia via il due a uno dal dischetto. Sul taccuino degli occhi stropicciati finisce ad esempio il cambio di gioco che riesce a costruire al minuto settantuno, quando si gira in palleggio e con due tocchi ribalta l'azione ricacciando fuori la Roma dal solito guscio in cui si autorelega negli ultimi venti.

Quando gioca Totti, basta un giro di caviglia ed è come il giro di do di un grande solista: lo spartito finisce tranquillamente in un angolino e nessuno, dopo qualche minuto, ne lamenta la scomparsa. Poi è chiaro che c'è spartito e spartito, come predica il senso di realtà che tornerà prima o poi a riprendersi la scena usurpata dall'utopia.

Stasera la Roma è stata più viva agonisticamente, con pretesa di essere più cattiva e soprattutto logica, in vari frangenti di partita.E' stata la Roma di Totti ovunque e di De Rossi Muro di Berlino. Magari per una mezzoretta sarebbe potuta essere anche quella di Borriello.