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L'ISTANTANEA Juventus-Roma: Conte e quel valium chiamato Roma

(di Paolo Marcacci) Questa è la prima volta, in tutta sincerità, che non trovo le parole per descrivere qualcosa della partita che è appena terminata.

Redazione

(di Paolo Marcacci) Questa è la prima volta, in tutta sincerità, che non trovo le parole per descrivere qualcosa della partita che è appena terminata.

Forse perché non è mai cominciata?

Ancora di più, mi chiedo cosa possa aspettarsi il lettore, che lui non abbia già pensato per  conto suo, censurato, maledetto.

La Roma è stata talmente nulla che abbiamo tutti avuto novanta minuti di tempo, più recupero, a disposizione per dolerci della condotta (?) difensiva dissennata, della svagatezza di Josè Angel (non da solo, comunque) che alla prima occasione costa lo svantaggio, dell'imbarazzo di De Rossi alle prese con tempi e movimenti che comunque non sono i suoi, dell'ennesima occasione in cui Stekelenburg viene esposto al rischio dell'intervento da ultimo uomo che per l'ennesima volta costa l'inferiorità numerica, della mancanza assoluta di mordente in una squadra della quale abbiamo faticato ad individuare non solo un tiro in porta degno di questo nome ma anche una sortita offensiva degna di nota, del dover subire non solo l'umiliazione del risultato ma anche quella di vedere la Juventus che dopo il raddoppio conclude il primo tempo variando il ritmo a proprio piacimento (mostrando sempre e comunque più fame della Roma) e a metà del secondo si permette varie parentesi di "torello" e palleggio defaticante, di Gago che  a un certo punto si ritrova, non si sa perché, a pressare in posizione di  prima punta, dello spazio che Pirlo si ritaglia sempre, con il ritmo che predilige, all'interno della mattonella che gli viene sempre lasciata sgombra con una sorta di timore reverenziale, delle sottolineature roboanti che lo speaker dello Juventus Stadium fa echeggiare ad ogni  segnatura juventina, del fatto di vedere Conte per la prima volta tranquillo e non scalmanato perché non ce n'è bisogno (magari quella tensione alla Juve tornerà a servire nel testa-coda di Cesena, ma contro la Roma di stasera perché scompigliarsi il ciuffo?), dell'ovazione a Vucinic che ha avuto il tempo di confezionare qualsiasi tipo di assist senza che mai nessuno gli prendesse il tempo, del fatto che tutta la Juve, Giaccherini compreso, ha continuato a divertirsi nel tentativo di impinguare il bottino.

I bianconeri vanno in un certo senso ringraziati, perché pure senza dannarsi l'anima hanno comunque continuato a cercare di colpire, senza infliggerci l'umiliazione estrema già patita a Bergamo con Colantuono e a Lecce con Serse Cosmi, quando i due  mister comandarono di cessare le ostilità per non mancare di rispetto a chi era in bambola.

Su tutto questo, arcuato in una piega che stava a metà tra il disappunto e la malinconia, il sopracciglio del Capitano, il suo sguardo steso sull'impotenza dei compagni, la rabbia accresciuta dai cori irridenti a cui  non ha avuto la possibilità di rispondere o, almeno, di provarci.

Già, il Capitano.

Se questa serata ha avuto un sussulto, un segno di vita pure se in chiave polemica, questo si è consumato nell'antefatto, intorno alle venti, minuto più minuto meno, quando abbiamo saputo con certezza che la maglia numero dieci non sarebbe stata della partita e che comunque era a disposizione perché siamo stati costretti a leggerla tra i componenti della panchina.

Tutto secondo copione, alla fin fine: la formazione che disorienta, il ripescato di turno tra i dimenticati (Perrotta, stavolta), l'esclusione che pareva impossibile da prevedere.

E vorreste pure che uno s'inventasse qualcosa di originale da dire?

La cosa più originale è quella che continua a succedere dalle nostre parti, con un tecnico che continua a sperimentare non si capisce bene cosa, insistendo o non correggendo gli errori ripetuti con frequenza seriale e che è ancora saldo sulla propria panchina, a meno che non voglia schiodarsi da sé.

Questa si, credetemi non c'è ironia perché stasera non abbiamo spunti, che è una vera rivoluzione culturale.