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L'ISTANTANEA Udinese-Roma: gioco, partita, incontro

(di Paolo Marcacci) In un certo senso, è giusto ribadire di volta in volta e soprattutto dopo partite come questa che Luis Enrique non corre alcun pericolo e che verrà lasciato lavorare.

Redazione

(di Paolo Marcacci) In un certo senso, è giusto ribadire di volta in volta e soprattutto dopo partite come questa che Luis Enrique non corre alcun pericolo e che verrà lasciato lavorare.

E' giusto, vi assicuriamo che non si tratta di una provocazione, perché è evidente che questa è una Roma "Work in progress", che fa il compitino, mette in pratica i dettami riguardanti l'impianto di gioco, rispetta le consegne dell'allenatore.

Poi il campionato italiano è un'altra cosa, con la sua perfidia, il peso specifico elevatissimo delle occasioni, la relativa se non scarsa importanza del possesso palla, gli allenatori come Guidolin, cosiddetti "minestrari" che te la incartano aspettando il momento in cui colpirti.

Ma evidentemente è il campionato che deve adattarsi a ciò che cerca di fare la Roma e questa si che è una battuta, ammesso che ce la consentiate, in questa nuova epoca in cui l'ironia non è più concessa e il diritto di critica appare quantomeno inelegante.

"Questo è il calcio", echeggia l'arrochito Luis Enrique dall'interno del suo laboratorio; parlando di come il singolo episodio contrassegni il risultato ma non infici la prestazione; immaginiamo che da una sponda che più opposta non si può, quella dei tre punti, Guidolin non possa che dargli ragione, sempre col tono sommesso di chi è vittima pure quando si è appena nettato i canini da carnefice.

Il calcio degli episodi a volte si traduce anche in quello dei numeri, nell'epoca in cui vanno di moda i tablets e gli ammennicoli telematici da portare in campo assieme alle sagome per battere le punizioni. I numeri sono impietosi, se proprio li vogliamo guardare, allora; sia quelli inerenti la singola prestazione (un solo tiro verso Handanovic in novanta minuti) che quelli complessivi della stagione fino a questo momento consumatasi (sempre sconfitte contro le cosiddette "grandi").

Se a molti di noi adesso piace dichiararsi mai schiavi del risultato, come è legittimo e pure ammirevole, proprio perché poco italiano; almeno dopo tredici partite vorremmo cominciare ad essere piacevolmente schiavi dell'estetica del gioco e la Roma vista al "Friuli", contro un' Udinese semi-convalescente (nessuno lo dice, a noi pare lampante), è stata una squadra traccheggiante e guardinga, mai-pericolosa-mai, involuta rispetto alle uscite precedenti contro Novara e Lecce. Intanto, però, continuiamo ad incassare i complimenti dell'avversario di turno. Questo è talmente poco italiano che a noi, meno sognatori e un po' più disincantati, comincia a dare quasi fastidio.