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L'ISTANTANEA Siena-Roma: Una sola faccia, stasera

(di Paolo Marcacci) La metafora giusta è quella  del ghiaccio e della neve: meglio quest’ultima, che almeno le pallate non si ricevono soltanto.

Redazione

(di Paolo Marcacci) La metafora giusta è quella  del ghiaccio e della neve: meglio quest'ultima, che almeno le pallate non si ricevono soltanto.

La Roma del "Franchi" è invece caracollante come una massaia senza Moon-boot sul marciapiede gelato; stupiscono in particolare, ma non è un inedito dovuto alla colonnina di mercurio, le stalagmiti della linea difensiva sulle incursioni che il Siena opera sin da subito sulle corsie esterne: Josè Angel e compagni lasciano ettometri di prato alle altrui scorribande, neppure fossero pamperos allevatori di future bistecche.

Mai cambio di passo; solo cambio: in particolare quello di Juan rilevato da Kjaer.

Al danese i bassotti hanno sempre dato problemi, Disney insegna: più che l'ardor, poté la scompostezza, forse; fatto sta che dopo quattro minuti il suo traliccio sinistro impatta su Destro, più disorientato che toccato duro. Rocchi  indica, Calaiò esegue, Stekelenburg legge alla perfezione ma all'intuito manca il millimetro che lo esclude dall'almanacco. 1-0 per il Siena, per Sannino qualcosa in più.

Nel frattempo subentrano Osvaldo al "settecentesco" Capitano e Bojan a uno scolastico Simplicio. Proprio la pulce meno pregiata sembra creare un bozzolo di vivacità, nella Roma che mai, comunque, da' l'impressione di  dischiudere le ali.

Quelli della Robur, tuona il dio dei numeri, hanno già per conto proprio imbarcato pochissima acqua in casa, se gli si da' una mano col nulla o quasi dei pericoli per loro è una manna.

Borini al minuto trentasette è un'ipotesi di morso che serve almeno a sgretolare il torpore di chi guarda: magari potessimo dire "arrembaggio", che spesso sa di disperazione ma almeno è un segno di vita. Ma quando bisogna anzitutto sopravvivere forse le carezze servono a poco: i piedi buoni non fanno altro che puntellare disappunto e rimpianto, in occasioni come questa.

Sportellate sterili, quelle di Osvaldo, mentre Heinze predica in un deserto di agonismo.

La sensazione è che stavolta l'Istantanea sia durata novanta più recupero, tolti i tentativi finali di spizzare e spiazzare il destino di  una partita che non ha mai dovuto faticare a seguire il  suo corso.

Ed è una sola pure l'espressione di Luis Enrique, che stavolta è un Clint Eastwood asturiano, con o senza cappello: stasera nulla ha fatto la differenza.