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L'ISTANTANEA Roma-Lazio: più buio che Lucho

(di Paolo Marcacci) L’idiozia ha sempre fatto più rumore di chi tenta di contrastarla. O di zittirla, con eleganza.

Redazione

(di Paolo Marcacci) L'idiozia ha sempre fatto più rumore di chi tenta di contrastarla. O di zittirla, con eleganza.

Quella stessa eleganza con cui Juan anticipa quasi tutti d'un soffio, sempre il soffio giusto; con cui rilancia l'azione, con cui rende soffice il pallone che ha appena sradicato un attimo prima. Sempre a testa alta, come tutti quelli che contrappongono l'intelligenza alla stupidità di chi sa soltanto provocare.

 

E con questo la questione più avvilente di questo derby l'abbiamo sistemata, così togliamo a qualche genio il sospetto che noi si voglia prendere a pretesto lo squalificante episodio per evitare di parlare del resto.

Parliamo del resto: Lazio come te la aspetti, con Dias a capo dei provocatori e sempre un tacchetto in più lucidato per le caviglie di Totti; il fatto è che la Roma, a parte la complicazione iniziale dovuta all'ennesimo errore di posizionamento, non ha saputo far valere quella superiorità qualitativa che resta anche in dieci contro undici. Il secondo tempo, prima e dopo Pjanic, ha sbagliato più di una volta in appoggio, creando, situazioni di palla gestita, macroscopiche occasioni per far fare un figurone a Gonzalez (!) e compagni. A proposito, ma Perrotta cosa aveva avuto, nel frattempo? Diciamo che la comunicazione, nel caso specifico, è stata frettolosa. Magari perché si era a poche ore dalla partita.

Quantomeno, vista la robusta iniezione di cultura ispanica, dovremmo essere pronti per la corrida, quella in cui il secondo tempo naufraga come quasi sempre accade; invece la sensazione è che proprio lì la Lazio metalmeccanica e provocatrice di Reja trovi la bambagia per cullare il suo secondo derby di fila, il primo vinto in trasferta dopo un po', un bel po' di tempo. E a proposito di tempo, per noi è tempo di bilanci, un tempo che in verità per molti romanisti era già arrivato molto prima di questo avvilente derby, avvilente come l'ennesima domenica trascorsa portando a casa il primato del possesso palla. Ci sono elementi, sempre più suffragati dal succedersi degli episodi, che fanno pensare e riflettere sul fatto che l'arrendevolezza della Roma in alcune situazioni, vedi quelle subite da calcio piazzato, sia sempre di più un dato strutturale, un qualcosa che fa parte dello spartito: un qualcosa che nel campionato italiano non ti puoi permettere, semplicemente, come sanno dirigenti navigati ed esperti, per la verità; a cominciare da Franco Baldini.

Forse nel loro ruolo è più difficile giungere a conclusioni; forse tifosi e commentatori hanno meno filtri e una maniera più diretta di ragionare: tutto concesso, tutto giusto, comprensibile e logico.

Ma anche chi è professionista e non tifoso del club, cosa non obbligatoria, non può a nostro giudizio rinviare di molto il raggiungimento di conclusioni definitive, su un progetto tecnico che sta trasformando questa stagione in un'annata da purgatorio, che è qualcosa meno della transizione.

Ma noi in fondo siamo solo tifosi della Roma, da sempre, per quello che conta. E forse conta sempre meno.