(di Paolo Marcacci) /Tutti pensarono, dietro ai cappelli, lo sposo è impazzito, oppure ha bevuto.../: perché mi vengono in mente questi versi di "Alice", la canzone forse più naif di Francesco De Gregori, mentre Roma e Fiorentina balbettano calcio sotto il sole dell'Olimpico?
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L'ISTANTANEA Roma-Fiorentina, Resuscitiamo chiunque: Lazzari, alzati e cammina
(di Paolo Marcacci) /Tutti pensarono, dietro ai cappelli, lo sposo è impazzito, oppure ha bevuto…/: perché mi vengono in mente questi versi di “Alice”, la canzone forse più naif di Francesco De Gregori, mentre Roma e...
Ma perché quest'anno è tutto naif, cioè tutto talmente originale che va reinterpretato, evidentemente: il ruolo dei giocatori in campo, la valutazione dell'allenatore, lo striscione più idoneo al momento, la ragione che pensano di avere i dirigenti e via dicendo.
Siamo forse noi, ad essere fuori moda: il dubbio mi viene e non c'è alcuna ironia, in queste parole; perché chi ha aggirato la boa dei quaranta forse comincia ad aver visto troppa Roma, ad avere troppi ricordi e termini di paragone per capire il nuovo, l'inedito, una filosofia che azzera il passato, un esperimento che ci dovrebbe inorgoglire, un modo di pensare che non ci assoggetta alla dittatura dei risultati e che ci insegna a ragionare in prospettiva.
Quale prospettiva? Io sono miope, chiedo assistenza a chi è in grado di vedere più lontano.
Vedo nitidamente solo che è molto vicino, anche cronologicamente: il presente e il recentissimo passato. Vedo, quindi, una squadra che gira sotto ritmo già dopo il primo quarto d'ora, che patisce più dell'avversaria il primo, deciso sole di primavera, che custodisce la palla per larghi tratti di partita quasi sempre senza capitalizzarne il possesso, che non riesce a venire a capo di una Fiorentina che nel secondo tempo commette errori imbarazzanti e smarrisce anche quel minimo di fisionomia che ci possa far rendere conto di trovarci davanti ad una formazione allenata dallo scorretto Delio Rossi. Mezzucci da paese, i suoi, quando si improvvisa raccattapalle distratto.
E mi sembra di vedere, nella mia miopia alla quale vi chiedo di prestare soccorso, un giocatore, Il Giocatore, che appare solo anche e soprattutto quando si trova in mezzo agli altri; lui che da solo rappresenta la maggior parte della mia storia di tifoso e di giornalista.
Il suo sinistro sbuca nel deserto, come la coda di quegli scorpioni che emergono da sotto le dune. E' un pareggio che regala poco, solo il mezzo sorriso che viene dalla sua firma.
Ci hanno insegnato che quando non si comprende un momento storico, la colpa è di chi non riesce a capire, non del momento stesso. Mi preoccuperei se fossi il solo, però; invece vedo tanti romanisti che non si raccapezzano in mezzo a quello che succede da troppo mesi: ancora pochi lumi sul futuro, sulle possibilità di essere adeguati al nome della città, poche certezze dal campo in nome di una progettualità al momento senza scadenza e senza traguardo, pochi giocatori da promuovere e da voler rivedere una volta che avremo attraversato questo tunnel del quale ancora non conosciamo neppure la lunghezza.
Cross su cross hanno continuato a spiovere nell'area dei viola grondanti sudore e paura sotto la Sud; lo stratega negli ultimi dieci minuti tenta una mossa, Tallo per Heinze, che sa di disperazione e di Carlos Bianchi, uno che si sarebbe sognato tutta l'indulgenza odierna; il Capitano nel frattempo continua ad essere lucidità, forza e disperazione e Boruc sente più caldo degli altri.
Finisce con tanti ragazzini in campo, da una parte e dall'altra, una cosa che ha indispettito molto la tifoseria viola, quest'anno e molto meno quella giallorossa. Questione di prospettive. O, forse, soltanto di miopia. Quella di quelli come me, che tutto ciò che avevano da dire su questo pomeriggio l'avevano già detto prima che il migliore dei nostri, Gianluca Curci, capitolasse anche lui nei minuti di recupero.
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