rassegna stampa

Nazionale, Niente pomodori: pure il tifo si è sgonfiato

Gli italiani sempre più impoveriti si sono fatti immedesimare nell’Italia di Prandelli.

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La cosa che fa più effetto in assoluto e in relativo, dopo la débâcle, è ascoltare la pubblicità radiotelevisiva dei vari Pirlo, usati come testimonial/campioni di qualche dopobarba o similia: è ciò che di più crudele e vacuo sia stato inventato per rendere la caducità del tutto.

Del resto è una scommessa dei pubblicitari su quanto di più aleatorio ci sia, una prova sportiva dove si vince e si perde continuamente. Dunque l’adver tising non punta sulla cronaca, evidentemente troppo rischiosa e occasionale, bensì sulla “storia ”, sulla figura della persona sportiva, ritenendo che duri oltre l’episodio disgraziato (più che disgraziato, direi…). Ebbene, il modo in cui sono stati accolti al ritorno gli ex eroi anti-Inghilterra alla Malpensa e più in generale nel Paese è stato il contrario di questa “fiducia” pubblicitaria: una cortina di indifferenza quasi imbarazzante, sensibilmente distante dal refettorio mediatico che ancora apparecchia tutta la lunga scia di polemiche sulla spedizione brasiliana.

Niente a che vedere con ricorrenze analoghe davvero non così rare, in cui ad esempio una squadra come la Nazionale di Valcareggi, vicecampione nel ’70 in Messico sconfitta da Pelé e company e non dai morsi uruguagi, fu accolta a Fiumicino da salve di pomodori. Questa riluttanza a odiare, la faccia contraria dell’amore, può far pensare che il tifo patriottico e bordellesco italiota sia cresciuto di grado e diventato maturo: con tutto quello che ci capita nella crisi della nazione, figuriamoci se possiamo star dietro più di tanto alla crisi della Nazionale…sembra potersi dedurre da cotanta apatia popolare. Dubito che sia così e propendo invece per un’altra ipotesi, quella del recitativo, della mancanza di autenticità, della “bolla” t r icolore che come si è gonfiata, così si è sgonfiata in un “pluff ”.

GLI ITALIANI sempre più impoveriti si sono fatti immedesimare nell’Italia di Prandelli, sotto la spinta napoletanoide e renzoide, alla vigilia della “Mission ” in assenza di una “Vision ” (gli imprenditori illuminati parlano davvero così, nel calcio e nel resto…) e dopo la prima, soddisfacente e illusoria partita. Ci hanno creduto, o meglio hanno voluto crederci e hanno creduto di crederci, ma stavano recitando una parte, troppo massacrati come siamo dal resto. Una specie di pellicola tifosa senza reale consistenza, stesa sul corpaccione del Paese affidato a quel manipolo di coraggiosi guidati dal Comandante Prandelli, in confronto al quale il manzoniano Don Ferrante era il Che.

Una pellicola che l’epilogo inglorioso di martedì ha stracciato di netto, rimettendo il corpaccione “en plein air” di fronte alle nequizie quotidiane. Finto o almeno mimato o posticcio l’entusiasmo, immediato lo stadio successivo del menefreghismo.

Una parte collettiva a teatro, sul palcoscenico assai pecoreccio dell’io. All’apparir del vero, ecco a capo chino Buffon, De Rossi, Chiellini, il reprobo Balotelli già a tutt’altre faccende affaccendato, sfilare come automi del passato immeritevoli perfino dei pomodori. Si dice di botte e insulti, di contrapposizioni generazionali e di club, e si fa risalire anche a questo il generale fallimento: attenzione, la Lazio di Maestrelli, Chinaglia, Wilson ecc. era una polveriera, ma solo “dentro”. “Fuori ”, in campo, vinse alla grande uno scudetto. Ma quarant’a nni fa, senza twitter.