rassegna stampa

Mazzone: “Per me è una partita del cuore. Perdere Diamanti è come perdere Totti”

Carlo Mazzone, ex-tecnico di Roma e Bologna, in un’intervista rilasciata al Corriere di Bologna, confida le sue emozioni in vista di un match che lo lega sentimentalmente ad entrambe le squadre. Queste le sue parole:

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Carlo Mazzone, ex-tecnico di Roma e Bologna, in un'intervista rilasciata al Corriere di Bologna, confida le sue emozioni in vista di un match che lo lega sentimentalmente ad entrambe le squadre. Queste le sue parole:

Carlo Mazzone, sabato c’è Bologna-Roma. Per lei è un po’ la partita del cuore. 

«Sì, devo ammettere che non è mai facile per me quando si affrontano queste due squadre. Direi "vinca il migliore", ma in questo caso da parte mia sarebbe un po’ scorretto perché vorrebbe dire mandare un messaggio preciso a favore della Roma. Diciamo vinca il migliore di sabato sera, via».

All’andata finì 5-0. Stavolta mancheranno Totti e Maicon ma Garcia ha comunque armi importanti. 

«Voglio fare i miei più sinceri complimenti a questo ragazzo che non conoscevo: per uno straniero allenare in Italia non è mai semplice, specialmente in una piazza come Roma e con le premesse che c’erano a inizio stagione, tra mille contestazioni. Invece sta facendo qualcosa di straordinario».

Qui a Bologna invece si vive una perenne sofferenza. Specie ora che non c’è più Diamanti.

«Ho seguito Diamanti nella sua carriera con piacere e con grande motivazione, perché è uno di quei rari giocatori che fanno ancora divertire, che saltano l’uomo, rifiniscono l’azione e la concludono. Possiamo stare a parlare per ore, ma alla fine le partite le decidono giocatori così».

Quanto perde il Bologna senza di lui? 

«In chiave salvezza, tantissimo. Spero di sbagliarmi, naturalmente, ma sarà un’assenza pesante perché proprio per i motivi tecnici che dicevo prima è stato ceduto un giocatore chiave e non è stato nemmeno possibile sostituirlo. È un po’ come se la Roma avesse ceduto Totti: i rifinitori come loro sono i veri protagonisti di questo gioco».

È curioso che a Bologna abbia firmato la stagione più esaltante degli ultimi trent’anni, quella 1998/99, e la più dolorosa, con la retrocessione del 2005.

«Ci sto ancora male, per quella retrocessione: è stata una sofferenza. Ma non dimentico che di quell’anno ci sono partite che sono finite sotto inchiesta: non nego che con gli anni, a forza di allenare, l’abilità possa venire un po’ meno e anche io in quella stagione possa aver commesso degli errori, ma quelle telefonate finite nei processi le ho sentite bene. Fu penalizzato il Bologna, venne penalizzato l’allora presidente Gazzoni: tutti pagammo le conseguenze di quegli avvenimenti, compresa la città di Bologna. E a distanza di anni fa ancora male».

Lei detiene il record di panchine in serie A, 795 gare ufficiali. C’è qualche giovane tecnico attuale che può toglierle quel record? 

«Quello dell’allenatore è un mestiere duro e logorante, ma è nella logica delle cose che prima o poi qualcuno superi quel record e a me farebbe anche piacere. Se devo dire un allenatore nomino Vincenzo Montella: ha iniziato ad allenare in serie A molto giovane, sta facendo grandi cose e confido che abbia una lunga e luminosa carriera. Poi, se vorrà allenare per tanto tempo come ho fatto io, questo spetterà a lui deciderlo».

All’estero invece c’è sempre un allenatore che segue con grande affetto, ovvero Pep Guardiola. Che la invitò anche alla finale di Champions del 2009 a Roma.

«Sono il primo tifoso di tanti ragazzi che ho avuto come giocatori e che ora allenano, ma di lui in particolare: dopo i successi con il Barcellona ora si sta ripetendo anche al Bayern e inserirsi in Germania dopo una stagione vincente non era facile. A Brescia ho conosciuto un ragazzo speciale e sta dimostrando sempre più la sua competenza a livello mondiale, senza dimenticarsi mai da dove è venuto».