C’è una linea di demarcazione ben definita nel cuore della tifoseria giallorossa ed è legata anima e cuore a Dino Viola, il presidente del secondo scudetto e della finale di Coppa dei Campioni, il punto più alto – a livello europeo – della storia romanista, scrive Andrea Pugliese su La Gazzetta dello Sport. Nonostante quel dolore immenso, nonostante una sconfitta che ogni romanista ricorda ancora oggi come una ferita che continua a sanguinare, perché arrivata nel tempio di casa, l’Olimpico, con un popolo già pronto a far festa. Ieri era l’anniversario della scomparsa di Viola, che ha salutato tutti 31 anni fa, il 19 gennaio 1991, a causa di un brutto male che lo portò via a 75 anni. Troppo presto, nessun romanista voleva vivere pensando di poterlo fare senza di lui. Perché, appunto, c’è stata una Roma prima di Dino Viola e una dopo. In mezzo, appunto, quella linea di demarcazione che fa tutta la differenza del mondo per il tifo giallorosso. Prima di Viola la Roma era solo “Rometta” e una finale di Coppa dei Campioni la vedeva giocare, la sognava, forse la invidiava anche. Dopo no. “Onore a te Dino, che hai trasformato la Rometta in una grande squadra“, è lo striscione che gli dedicarono i tifosi della Roma tre anni fa. La Roma lo ha ricordato sui suoi account con un primo piano intenso e due cuoricini, giallo e rosso. Perché il suo cuore era griffato di quei colori già da piccolo, da quando andava a vedere la Roma nel mitico campo Testaccio. Il suo amore per la Roma nacque lì, per esplodere poi dopo, quando nel 1970 entrò nel club da dirigente, per poi prenderne le redini nel 1979. Le sue prime mosse furono di quelle che lasciarono il segno.
La Gazzetta dello Sport
Viola, le cinque Coppe Italia del presidente della svolta
Ieri era l’anniversario della scomparsa del presidentissimo, che ha salutato tutti 31 anni fa, il 19 gennaio 1991, a causa di un brutto male
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