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Va via anche De Rossi. Un altro equivoco nel progetto Roma

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A metà gennaio era toccato a Mourinho, a metà settembre a DDR. Stessa modalità e un unico dubbio: ai tifosi avrà fatto più male il primo o il secondo esonero?
Redazione

Passerà alla storia il 2024 della Roma, scrive Alessandro Vocalelli su La Gazzetta dello Sport. A metà gennaio era toccato a Mourinho, a metà settembre a De Rossi. Stessa modalità e un unico dubbio: ai tifosi avrà fatto più male il primo o il secondo esonero? Il cordone ombelicale di quell'infinito amore che continuerà a legarlo alla sua gente, come un filo d'acciaio che non si è spezzato alle 8 di una piovosa mattinata estiva. Già, perché nessuno si aspettava di dover rivivere la scena già vissuta con lo Special One. Un divorzio traumatico, con una differenza però sostanziale. Mourinho era ufficialmente a fine corsa ed era chiaro che la sua richiesta di un rinnovo contrattuale sarebbe finita nel vuoto. Dunque si erano - diciamo così "semplicemente" - anticipati i tempi. Stavolta no. Stavolta a decidere sono state - almeno ufficialmente - le prime quattro partite di un percorso che da contratto sarebbe dovuto durare fino al 2027, ben tre anni. Il secondo interrogativo della questione De Rossi - perché il primo è formale e c'è da chiedersi il perché di una comunicazione così ruvida - è dunque sulla velocità con cui si è passati da una promessa di fedeltà a un divorzio così brusco. Ecco, se la Roma aveva già dei dubbi alla fine della stagione scorsa, sarebbe stato sicuramente meglio chiuderla lì. Andando incontro a discussioni, magari critiche, ma salvaguardando tutti. La società, che avrebbe potuto scegliersi il futuro con mille opzioni sul tavolo. E l'allenatore che probabilmente avrebbe barattato il ricco ingaggio per evitare il trauma di un esonero dal fortissimo impatto non solo emotivo. Dopo un campionato di livello e una Europa League di soddisfazione - con i successi con Feyenoord, Brighton e Milan - il suo appeal di allenatore era giustamente cresciuto. E anche lui si sarebbe potuto scegliere una nuova via professionale. Di sicuro, qualcosa dev'essere successo in questi pochi mesi.

I dubbi su alcune operazioni di mercato - resi pubblici in settimana da Totti -, la vicenda Dybala, la questione Zalewski, qualche discussione un po' troppo accesa con diversi calciatori. De Rossi, che all'esterno si è sempre dimostrato diplomatico ma all'interno ha evidentemente spinto molto sull'acceleratore, forse si era anche un po' spogliato dell'immagine di assoluto aziendalista, pronto a ricacciare indietro i propri pensieri. E il resto, questo è chiaro, lo hanno fatto i tre punti nelle prime quattro partite e uno score complessivo che - dalla fine del campionato scorso all'inizio del nuovo - ha fatto registrare una sola vittoria in undici partite. Non abbastanza per arrivare a uno strappo così doloroso? Probabilmente sì. Ma, si sa, a spese ingenti corrispondono grandi aspettative. E i Friedkin, a cui va comunque riconosciuto di aver investito oltre 100 milioni, dopo quattro anni senza Champions, non se la sono sentita più di aspettare, rischiando di andare incontro a un nuovo autunno. Che a Roma, anche dal punto di vista calcistico, è iniziato troppo presto. Ma non solo, questo dev'essere chiaro e certificato, per responsabilità di De Rossi.