Di strada da fare ce n’è, anche se lastricata di buone intenzioni. Siamo lontani dalla Francia, una squadra che va al Mondiale per arrivare in fondo, impressionante in alcuni momenti, dalla cifra tecnica irraggiungibile, contro un progetto in embrione, scrive Fabio Licari su "La Gazzetta dello Sport". Siamo comunque rimasti in partita, replicando quando possibile, mostrando buona personalità e mai paura, e lì davanti la coppia Balotelli-Chiesa si candida a una lunga convivenza. Non si poteva chiedere troppo a un’Italia del tutto nuova, addirittura sette cambi rispetto all’Arabia Saudita e tre debuttanti assoluti (Mandragora, Berardi, Caldara). Il 3-1 fa male ma poteva essere peggio: palo e traversa tremano ancora, a Sirigu battuto, su tiri di Kanté e dell’imprendibile Dembélé che è sembrato di un altro pianeta.
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Troppa Francia per l’Italia. Bleus in forma Mondiale, solo sprazzi d’azzurro
Schiacciati dalla superiorità degli uomini di Deschamps, quelli di Mancini restano in partita per un’ora: segnali di crescita, ma la strada è lunga
Mancini ha proprio voglia di rischiare e si capisce leggendo la formazione. Mandragora mezzala, invece di Cristante. Per la prima volta Berardi a comporre un tridente con Balo e Chiesa. E dietro Caldara, accanto a Bonucci, capitano e quindi silenziatore di qualsiasi discorso sulla fascia. Si capisce che il peso ricade sulle spalle di Mario, un po’ meno super che contro l’Arabia, comunque in partita: Rami e Umtiti non gli concedono quella libertà di movimento, non si fanno risucchiare in mezzo, però per fermarlo bisogna spesso ricorrere alle maniere forti, leggi punizioni. Forse gli azzurri cercano troppo Balo: il gioco si sviluppa sugli esterni per concludersi con cross alti che, nel calcio moderno, con difese ben piazzate, sono spesso vani.
Se in fase d’attacco s’è vista una certa velocità, coniugata a vivacità e fantasia, grazie anche alle incursioni dello sfrontato Pellegrini, il dazio pagato a questa piacevole incoscienza è stata l’instabilità della difesa, in deficit sulle fasce. Si attacca, ma ci si espone ai contropiede. E farlo con questa Francia di satanassi è un po’ pericoloso. Troppe volte i francesi si sono trovati in superiorità contro Caldara e Bonucci. Se il primo gol francese di Umtiti nasce da una ribattuta nell’area piccola, il secondo di Griezmann su rigore dopo fuga di Hernandez (che Mandragora stoppa di rigore). Idem il 3-1, con gli azzurri in affanno e Dembélé che approfitta con pallonetto assassino. Discorso identico per la sua traversa. Una domanda è legittima: come sarebbe finita se ci fossimo coperti di più? Non c’è risposta.
Chiesa (il migliore) meriterebbe il Mondiale quando parte in velocità sulla fascia e Balotelli ha un peso che al centro dell’area era mancato di recente. Il gol azzurro, temporaneo 2-1, è per metà suo: anche se a metterla in rete è Bonucci. Balo si procura la punizione dal limite e poi batte con tale forza che Lloris può solo respingere sul milanista. Mancini non si fa mancare niente, neanche l’esperimento finale del passaggio dal 4-3-3 al 4-2-3-1 con Insigne trequartista dietro Balo: ruolo che il napoletano fatica a rivestire. Non è difficile immaginare un’altra serie di cambi con l’Olanda, probabilmente Belotti e Cristante dal 1’, per nuove indicazioni. Le ultime e indispensabili, aspettando il campionato. Siamo «quasi» una squadra. La Francia invece un’identità precisa l’ha già, quel Tolisso in mezzo a sdoppiarsi tra regia e protezione difensiva è uno spettacolo, e Griezmann si sacrifica spesso per i due fulmini al suo fianco. In questo bel meccanismo è mancato solo Pogba pur se il 4-3-3 è il suo modulo.
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