rassegna stampa

Totti 600. Gol, assist, magie: un romanzo di 24 anni. Per il contratto si aspetta Pallotta

Da quel Brescia-Roma in cui fece il suo esordio in Serie A ad oggi è stato un romanzo bellissimo, con alcune pagine speciali

Redazione

Quella di domani poteva essere la festa d’addio di Francesco Totti ed invece — forse — sarà solo una grande festa. Il rinnovo del contratto è sempre più vicino, si aspetta solo Pallotta per l'ufficialità. Per la partita contro il Chievo, come sottolinea Andrea Pugliese su La Gazzetta dello Sport, l’Olimpico vedrà sugli spalti quasi 55mila persone, il modo migliore per celebrare l’ennesimo grande traguardo del capitano della Roma che, se entrerà in campo, festeggia le 600 partite in serie A.

Da quel Brescia-Roma in cui fece il suo esordio in Serie A ad oggi è stato un romanzo bellissimo, con alcune pagine speciali. Come i gol (304 in A) o le partite in cui ha fatto cifra tonda, gare dove all’inizio della sua vita calcistica non si è mai sentito molto a sua agio. È successo a Genova, nel 1998, quando contro la Samp celebrò quota cento o anche nel 2001 a Bari, l’anno dello scudetto, quando Totti veniva dalle sostituzioni (con Nakata) contro la Juventus e l’Atalanta. «Non sono decisivo», disse ironicamente in quei giorni della duecentesima presenza in A. Un’iperbole, ovviamente, perché tre gare dopo avrebbe festeggiato il terzo scudetto giallorosso. Da protagonista.

Poi, nel 2005, è cambiata la musica anche nelle partite celebrative. Il 23 gennaio, infatti, a Firenze la Roma di Delneri trova una vittoria storica, nel suo campionato più brutto degli ultimi 30 anni. A decidere la sfida sono Cassano e Montella, ma la gara di Francesco (alla 300a in A) è da applausi a scena aperta. Come quella numero 400, quando nel 2008 a Bologna fa secco Antonioli e regala la vittoria giallorossa fino al 91’, quando arriva l’autorete nefasta di Cicinho. Più o meno lo stesso copione del 5 maggio 2012, quando all’Olimpico arriva il Catania: Totti sbaglia subito un rigore, poi però segna una doppietta che salva Luis Enrique dall’ennesima brutta figura.