rassegna stampa

Super Mario: la Roma non c’è più

Il niente di Totti, la crisi d’identità di Florenzi, del quale si ricorda solo il pressing ma non un’azione da attaccante e l’entrata disastrosa di Pjanic fanno la cornice di un bruttissimo quadro.

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Più che «pareggite» questa sembra sindrome da crisi bella e buona. Può sembrare presto per dirlo, con la Juve che non si stacca del tutto e l’Europa League da giocare. Ma i tremendi flash finali – i romanisti chiamati dalla curva e schierati in fila a testa bassa per la pubblica umiliazione, l’invito a tirare fuori gli attributi, gli insulti feroci – non possono essere affiancati alla squadra che fino a poco fa si giocava lo scudetto. E invece quella Roma non c’è più. Scomparsa. Fisicamente a pezzi, tatticamente irriconoscibile, psicologicamente fragile. Mettiamoci gli infortuni (Strootman ha giocato pochissimo prima di infortunarsi di nuovo e Iturbe non è titolare), consideriamo gli assenti (quanto manca Gervinho), aggiungiamo il Mario Gomez più convincente mai visto in Italia: la verità è che la Roma dei tempi belli non sarebbe finita sotto con questa Fiorentina, oltretutto senza più Cuadrado. Addio Coppa Italia, addio ennesima sfida con la Juve: in semifinale va la Fiorentina. Roma, dove sei finita?

QUALCOSA SI E' ROTTOUna prima risposta potrebbe darla Garcia, anche lui inevitabilmente sul banco degli «imputati». Non è escluso che la strategia della tensione, del noi contro tutti, alla fine si stia rivelando controproducente. Non è un segreto che qualcosa si sia rotto dopo il k.o. di Champions con il City: da allora appena tre successi (uno dei quali, sempre in coppa con l’Empoli, poco convincente) e cinque pari, più questa sconfitta. Spesso andando sotto. Anche con la Fiorentina la Roma non ritrova quegli automatismi, quel gioco armonioso – squadra che si allunga in velocità e poi si accorcia –, quella facilità nelle linee di passaggio. Tutto è complicato, macchinoso, lento. Per un tempo il sistema resta in piedi grazie al ritmo di Nainggolan, l’unico a centrare la porta in 90’, alle geometrie di Keita e al sacrificio di Ljajic. Troppo poco.

DA PIZARRO A SAVIC Sembra quasi che la Roma si preoccupi più di distruggere. Prendiamo Ljajic che, su ordine di Garcia, dalla fascia si sposta al centro trasformando il 4-3-3 in 4-3-1-2 nella fase difensiva. Obiettivo: chiudere gli spazi a Pizarro. Encomiabile. La mossa all’inizio funziona, d’accordo, la Fiorentina è confusa, Florenzi potrebbe mandare in gol ma spara in cielo sottoporta, però lo sforzo finisce con lo scaricare le batterie del serbo. E soprattutto invita Montella alla contromossa vincente, poco prima della mezzora. Tu mi blocchi Pizarro? Bene, io lo allontano dal centro e regalo la manovra a Savic. Un po’ come quando, nella Juve, Pirlo è schermato e tocca a Bonucci impostare. Ebbene, il montenegrino, eccellente, riesce bene nel compito e cambia la storia del match: la Fiorentina fa circolare il pallone in zone basse, stana la Roma e cerca di colpire in contropiede.

MONTELLA MAGO Il progetto viola nasce nel finale del primo tempo e sboccia nella ripresa. Come se Montella, alla prima vittoria con la Roma, avesse pronunciato parole magiche. Pur con la zavorra Joaquin, che a destra non ne azzecca una, il 3-5-2 comincia a dispiegarsi in velocità, con tocchi di prima e la fantasia mancante. Diamanti, che sembrava rimasto in Cina, adesso gioca tra le linee e infila palloni su palloni in profondità. Valero e Badelj non si confondono più quando si scambiano ruoli e avversari, ma spazzano via Nainggolan ormai stanco. Pasqual lancia la timidezza oltre l’ostacolo e scopre che il Maicon di fronte non ha senso della posizione. Proprio qui, dalla destra giallorossa, nascono i due gol. I due unici tiri in porta della Fiorentina.

GOMEZ BUM-BUM Quasi annunciato da una gran botta di Diamanti di poco fuori, e poi da un colpo di testa di Gomez, ecco che al 20’ tutta la fragilità della Roma si sublima nell’azione chiave. Badelj lancia Pasqual: Maicon è nella terra di nessuno, troppo avanti e troppo al centro per fermare l’esterno che affonda e crossa al centro. Qui, limite numero due, Astori e Manolas fanno a gara a chi non interviene: Gomez ricorda il signor centravanti che era una volta e in scivolata «buca» Skorupski. Il 2-0 che spedisce a casa i giallorossi, non è troppo diverso: ancora Pasqual, ancora cross, e Gomez ha il tempo di stoppare, girarsi e battere il portiere. Con Astori, nervoso e impreciso, che resta a guardare.

VERSO LA JUVEInsistere con il niente di Totti, con la crisi d’identità di Florenzi, del quale si ricorda solo il pressing ma non un’azione da attaccante, con l’entrata disastrosa di Pjanic, rischia però di oscurare la bellezza della Fiorentina, anche lei con tanti assenti (Rodriguez, Aquilani, per non dire Rossi). Montella la riequilibra dopo il caos iniziale e si gioca tutto con la densità e il movimento del centrocampo che non dà mai punti di riferimento. E poi c’è Gomez: un delitto non lanciare in area più palloni alti e tagliati, fosse anche a occhi chiusi. Appuntamento ora con la Juve. E la Fiorentina ha un conto in sospeso: l’eliminazione in Europa League l’anno scorso.

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