Forzaroma.info
I migliori video scelti dal nostro canale

La Gazzetta dello Sport

Stadio, nessuna revoca a Tor di Valle e adesso i Friedkin cambiano i piani

LaPresse

Eurnova minaccia causa e la maggioranza della Raggi è spaccata. Un rinvio può spingere il presidente a rinunciare a un altro impianto

Redazione

Uno stadio pieno di cattivi pensieri.  Spregiudicatezza, interessi esterni, burocrazia farraginosa, scandali, inchieste giudiziarie, insolvenze, ritardi strategici, minaccia di cause. Oltre alla nobile volontà di modernizzare il calcio italiano e rendere più solida la situazione finanziaria del club giallorosso, dal 2011 ad oggi tantissime buone intenzioni sono cresciute accanto a manovre discutibili, scrive Massimo Cecchini su La Gazzetta dello Sport. Nessuna delle parti in causa può dirsi esente da colpe, ma le percentuali sono da suddividere di sicuro in modo differente, in un tourbillon che hanno visto prendersi la scena tre sindaci (Alemanno, Marino e Raggi), tre presidenti di club (DiBenedetto, Pallotta e Friedkin) e due della società proponente, Eurnova (Parnasi e Vitek). E se la politica resta sempre l’arte del possibile, all’interno di Trigoria la parola d’ordine è una: ora o mai più. Con lo scivolare della sabbia nella clessidra che rende più probabile la seconda ipotesi, visto che l’indispensabile revoca di Pubblico Interesse al progetto di Tor di Valle quasi certamente non sarà votata prima della fine della consiliatura. Il vecchio progetto, per la Roma, non era più sostenibile. Così a febbraio, quando i Friedkin hanno deciso di ufficializzarne l’abbandono – evidenziando anche inadempienze da parte di Eurnova – la sindaca Raggi ha accolto la notizia senza problemi, anche perché la Roma ha in animo un nuovo progetto relativo al solo stadio, in un’area già servita da infrastrutture e condivisa con l’amministrazione. Insomma, il matrimonio perfetto, per il quale i Friedkin hanno già trovato partner. Tutto però necessita di una condizione di fondo: la revoca del Pubblico Interesse. Il ceo Fienga: "Senza la revoca i tifosi dovranno dire addio all’idea che la Roma abbia uno stadio di proprietà". Morale: se uno dei motivi per cui Pallotta ha deciso di vendere la società è stato la questione stadio, non è detto che i Friedkin – costretti a questo punto a vedere i loro piani legati al 2026, spostarsi in un orizzonte temporale indefinito – non decidano di seguire l’esempio del loro predecessore. Perché il calcio del Terzo Millennio, ormai, è anche (o soprattutto) una questione d’affari.