rassegna stampa

Stadio, Friedkin e Vitek adesso studiano gi effetti del virus

Cambieranno le abitudini dei tifosi? Gli esperti si concentrano pure sugli scenari futuri

Redazione

Dan e Ryan Friedkin – tra Opa, aumento di capitale e scelta del direttore sportivo – hanno giornate capitoline assai piene, scrive Massimo Cecchini su La Gazzetta dello Sport. Oltre a tutto questo, c’è anche la questione relativa al nuovo stadio della Roma a occupare tanto tempo, perché – con l’acquisto dei terreni a Tor di Valle da parte di Radovan Vitek – il momento delle scelte si avvicina.

D’altronde, in progetti come questo, che prevedono investimenti quasi per un miliardo di euro, il contesto generale diventa sempre più fondamentale. In questo senso, anche la divisione di responsabilità che sembrerebbe alla base dell’accordo che i Friedkin possono trovare con Vitek – le spese per lo stadio appannaggio degli statunitensi e quelle per il "business park" adiacente a cura del magnate ceco – viene valutato con particolare attenzione. Il motivo è facile: si chiama Covid.

Vero, tutto il complesso dovrebbe andare a regime, nella più ottimistica delle previsioni, non prima della fine del 2023, ed in quel periodo tutti sperano e credono che l’emergenza dovuta al coronavirus sia terminata da tempo. Ma gli analisti a cui gli imprenditori si stanno appoggiando evidenziano interrogativi: e se la pandemia cambiasse il nostro modo di fruire il calcio e di lavorare per sempre? Alcuni scenari, ad esempio, prendono in considerazione il fatto che gli spettatori, "viziati" dalle comodità televisive e scoraggiati dalla viabilità, almeno per le prime stagioni preferiscano seguire il calcio con poca voglia di andare allo stadio, seppure di moderna concezione.

Non basta. Sul fronte «business park», è possibile che il cosiddetto «smart working» cambi le organizzazioni aziendali in modo profondo, favorendo magari la delocalizzazione casalinga o la turnazione. In questo caso, i grandi uffici progettati, a che cosa – e soprattutto a chi – servirebbero? In questa chiave, è logico che il progetto di Tor di Valle, seppur poco amato dai Friedkin, resti il favorito, proprio perché assai vicino al via libera definitivo, ma la redditività forse potrebbe essere inferiore a quella che si pensava nel 2012, quando il Covid era un incubo inimmaginabile.