rassegna stampa

Sponde e verticalità, così Dzeko illumina l’attacco della Roma

Il bosniaco spesso e volentieri abbassa il baricentro del suo gioco, per poi offrire lo spazio all’inserimento laterale o cercare lui stesso la verticalità per un compagno che va nella spazio lasciato libero dal suo movimento

Redazione

Tra campionato e Champions League Edin Dzeko ha segnato soltanto tre reti, ma è anche vero che la Roma ha imparato subito ad apprezzarne altre qualità. Un centravanti atipico: spesso si abbassa, ripiega, attira fuori posizione i difensori centrali ed apre varchi per gli inserimenti di centrocampisti ed attaccanti esterni. Due i numeri da sottolineare, come scrive Andrea Pugliese su "La Gazzetta dello Sport": le sponde (3,4 a gara, contro 1,53 della media del suo ruolo) e le verticalizzazioni (6,40 a partita, contro una media di 4,34). Cosa vuol dire tutto ciò? Proprio che Dzeko spesso e volentieri abbassa il baricentro del suo gioco, per poi offrire lo spazio all’inserimento laterale o cercare lui stesso la verticalità per un compagno che va nella spazio lasciato libero dal suo movimento. E anche questo è uno dei segreti dell’esplosività dell’attacco giallorosso.

Ovviamente un lavoro simile lo porta ad essere meno lucido sotto porta. Dzeko, infatti, è anche il primo riferimento per tutta la squadra nel momento in cui la Roma va in sofferenza, viene pressata, trova pochi sbocchi per far ripartire la manovra e uscire dalla pressione avversaria. E non è un caso, infatti, che dopo i 38 passaggi ricevuti da Miralem Pjanic (che è il giocatore con cui Edin in campo dialoga di più) ci sono i 28 di Szczesny. Di fatto, quando la Roma fatica si appoggia al portiere che a sua volta cerca la palla lunga sul bosniaco, in modo di saltare in un colpo solo le due linee (attacco e centrocampo) del pressing avversario.