Tirato per una manica della giacca dai romanisti e per l’altra dai grillini, a metà pomeriggio, poco dopo aver silurato i vertici di Roma Metropolitane Srl, il sindaco Ignazio Marino ha trovato il tempo di dedicarsi allo stadio romanista: «Il progetto — ha annunciato in un tweet — non è stato bocciato e al momento i gruppi in consiglio comunale lo stanno discutendo». Mica facile la vita del primo cittadino, soprattutto se politicamente debole come Marino. Perché in questa vicenda dello stadio le pressioni gli arrivano da più fronti: i romanisti lo accusano di volerlo bloccare; gli ambientalisti — cui dà voce il giornale del più noto costruttore romano! — di autorizzare «l’ennesima speculazione edilizia»; la sua maggioranza lo ha già avvertito che «così il progetto non passerà»; e perfino i suoi assessori l’altro ieri si sono lasciati scappare commenti scettici (poi ritrattati nella migliore tradizione italica) sulla «mancanza di vantaggi pubblici».
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Se lo stadio diventa un altro caso politico
La parte del progetto dedicata strettamente a stadio, campi d’allenamento e negozi dedicati è inappuntabile ma indissolubilmente legata al resto sotto accusa.
IL RISCHIO Pur svestite degli interessi personali di alcuni e delle ambizioni politiche di altri, le polemiche generate dalla visione del progetto presentato al Comune da Luca Parnasi trovano fondamento proprio nella «difficoltà a percepirvi un chiaro interesse pubblico, tale da richiedere integrazioni e modifiche», come pubblicamente ammesso dall’assessore all’Urbanistica Giovanni Caudo. Il che, unito alla richiesta di un milione di metri cubi in più per elevare il Centro Direzionale che dovrebbe sostenere finanziariamente l’opera, fa gridare allo «scandalo» o all’«ecomostro». Magari accuse eccessive o illegittime, ma se arrivano da alcuni di quelli che poi dovranno votare in Consiglio comunale la variante al piano regolatore, c’è poco da stare allegri o «assolutamente tranquilli», come si definiscono i vertici di Eurnova e Roma. La parte del progetto dedicata strettamente a stadio, campi d’allenamento e negozi dedicati è inappuntabile ma indissolubilmente legata al resto sotto accusa. Ecco perché i difetti infrastrutturali e gli eccessi immobiliari potrebbero far naufragare tutto il progetto.
E IL FALLIMENTO... Senza dimenticare che sul contratto di vendita di Tor di Valle a Parnasi pende il giudizio di un curatore fallimentare, chiamato in causa dopo la dichiarazione di fallimento della Sais di Gaetano Papalia, che ha presentato ricorso in appello, col rischio, scontato, che la vicenda arrivi fino in Cassazione. Il Comune ha valutato che in questa fase preliminare la «provvisorietà» della titolarità dell’area non è un ostacolo al progetto-stadio, ma se e quando l’iter avanzerà e arriverà il tempo delle decisioni definitive, chi si prenderà la responsabilità di non tenerne conto?
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