Alle 11 di una domenica qualunque, Luciano Spalletti convoca Francesco Totti nel suo ufficio di Trigoria: i giornali a portata di mano, il tono di voce neppure troppo alto per dire al capitano che «con quelle parole abbiamo fatto parlare in tutto il mondo, secondo me non hai la concentrazione giusta per la partita di stasera, è meglio che tu vada a casa». Totti lo guarda e risponde secco: «Non penso di averti mancato di rispetto. Io sono concentrato, ma se tu pensi il contrario, vado». Un minuto scarso per scrivere un pezzo di storia della Roma.
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Schiaffo Spalletti «Totti fuori!»
È la cronaca di uno strappo, di un terremoto, della fine di una storia d’amore in un modo che neppure lo scommettitore più incallito avrebbe mai immaginato. Totti fa colazione con il resto dei compagni, poi riceve la convocazione di Spalletti. Crede che il tecnico voglia semplicemente chiarire, non immagina di dover lasciare il ritiro. Nel primo pomeriggio comincia a diffondersi la voce che Totti sarebbe comunque andato allo stadio, da spettatore.
Totti la sera arriva qualche minuto prima delle 20 e va negli spogliatoi a salutare i compagni. Poi entra nel palchetto, firma autografi, si alza in piedi quando l’Olimpico lo acclama. Fa in tempo a vedere il rientro in campo di Strootman, poi a 8 minuti dalla fine lascia lo stadio. Fisicamente, ma non nel cuore della gente.
(A. Pugliese-D. Stoppini)
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