L’argomento "centravanti" è sicuramente il più gettonato dell’estate, scrive Arrigo Sacchi su La Gazzetta dello Sport. Se ne parla sotto gli ombrelloni, tra una nuotata e l’altra, durante una gita sui sentieri di montagna: i tifosi, che non staccano mai la spina, discutono del tema con la consueta passione e si domandano se il giocatore appena acquistato, o quello inseguito, sia perfetto per la loro squadra, se abbia le qualità giuste, se davvero farà la differenza. L'Inter ha chiesto Arnautovic al Bologna. Si dirà: un po’ poco per un club che ambisce a inseguire lo scudetto e vuole essere protagonisti in Champions League. Ma qui bisogna fare un’analisi approfondita e spiegare, una volta per tutte, che il centravanti è importante, anzi importantissimo, a patto che ci sia una squadra con un gioco in grado di rifornirlo. Sennò là davanti possiamo anche metterci il più bravo del mondo, ma non risolveremo nulla.
La Gazzetta dello Sport
Sacchi: “Arnautovic non è da Inter”
Innanzitutto è necessario capire che tipo di centravanti serve all’allenatore. Un killer, spietato in area di rigore e con il gol nel sangue, oppure un giocatore più manovriero che ama partecipare alla costruzione dell’azione e dialogare con i compagni? O forse serve uno bravo di testa perché si ha intenzione di mettere tanti cross nell’area avversaria?
Che cosa serve all’Inter? C’è già Lautaro, dunque bisogna cercare un elemento che possa sposarsi bene con l’argentino e che ne colmi le eventuali lacune. Probabilmente serve un elemento che faccia da raccordo, che aiuti in fase di disimpegno, che accorci la squadra quando è troppo lunga: le distanze, nel calcio moderno, sono fondamentali e spesso non ci si fa caso. Il killer nell’Inter è Lautaro, credo che sarebbe utile quindi un giocatore con un’ampia visione, disponibile al sacrificio, abile a duettare con i centrocampisti che s’inseriscono. Dzeko, in questo lavoro, era magnifico. Non so se possa essere adatto Arnautovic: tecnicamente è bravo, ed è anche potente. Ma alla lunga dev’essere Simone Inzaghi a scrivere uno spartito che metta in condizione i suoi attaccanti di essere letali. Senza gioco, credetemi, non si va da nessuna parte.
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