Periodi difficili? Contestazioni? Rosella Sensi potrebbe scriverci su un romanzo, scrivono Francesco Balzani e Alessio D'Urso su La Gazzetta dello Sport. Ma l'ex presidentessa della Roma e la sua famiglia, in più di un'occasione, hanno avuto la forza in passato di ribaltare lo scenario: trasformando i fischi in applausi e portando il club a vincere 5 trofei e a competere per lo scudetto. Dopo aver ricoperto diversi ruoli istituzionali del calcio italiano, oggi "Lady Roma" è imprenditrice, sindaca di Visso (Macerata) enon ha mai smesso di seguire la sua squadra del cuore, percepita come una figura rassicurante da una tifoseria che oggi si sente smarrita, in crisi d'identità, vista la lontananza dei Friedkin e l'assenza di quei simboli romanisti che hanno per anni contraddistinto la storia della società.
La Gazzetta dello Sport
Rosella Sensi: “Il club ha bisogno di un dirigente italiano. DDR? Io non tornerei”
Sensi, in un momento di forte crisi questo silenzio dei proprietari andrebbe spezzato?
"La nuova proprietà ha adottato questa strategia sin dall'inizio, e pur senza parlare ha vinto un trofeo e portato il club a due finali. Parliamo di imprenditori importanti che hanno risolto anche problemi finanziari, non credo abbiano bisogno di consigli. Però, quello che mi ha insegnato mio padre è che un presidente deve sempre metterci la faccia, deve fare da ombrello per le critiche e le contestazioni a difesa non solo della squadra ma di tutti quelli che lavorano per il club".
Se fosse nei panni dei Friedkin però cosa farebbe?
"Non conosco la situazione di Trigoria, solo chi la conosce a fondo può saperlo. In teoria, mi circonderei di professionisti che conoscono il calcio italiano e di cui ho fiducia. Da soli non si va da nessuna parte. Io ho avuto la possibilità di lavorare con professionisti e colonne portanti del club. Penso a Bruno Conti, Daniele Pradé e Cristina Mazzoleni. Molti parlavano di conduzione familiare, ma non era così".
Nel 2009 proprio una scelta forte portò la Roma a sfiorare lo scudetto dopo un cambio allenatore. È tardi per cambiare rotta?
"Ma io non ho mai cacciato nessun allenatore. L'unico che la mia famiglia ha esonerato è stato Carlos Bianchi perché ci voleva far vendere Totti. Abbiamo sempre difeso i nostri tecnici. Spalletti in quella stagione decise di presentare le dimissioni e proprio grazie all'aiuto dei miei dirigenti scegliemmo Ranieri. Non solo perché romano e romanista, ma perché vedemmo in lui la figura ideale in quel momento per gestire quel tipo di spogliatoio".
Anche oggi sceglierebbe Ranieri per questa Roma? "Dovrei conoscere i giocatori, le loro caratteristiche, la loro mentalità per dare una risposta. Quell'aspetto è fondamentale per capire quale scelta fare".
Allora ci riproviamo: riporterebbe De Rossi in panchina?
"Non lo avrei mandato via dopo 4 giornate e con un progetto triennale appena iniziato. Daniele diventerà un grande allenatore, ma se fossi in lui oggi non tornerei alla Roma".
Totti, invece, lo riporterebbe in dirigenza?
"In questo momento chiunque conosce il calcio italiano e ama la Roma come Francesco può essere un plus per la società. Servirebbe una figura del genere, che sia Totti o un altro".
In questi giorni molti confrontano questa Roma con quella dei quattro allenatori della stagione 2004-2005.
"Fu un anno confusionario, ma era anche una squadra forte che era arrivata seconda l'anno prima. Dopo Prandelli che lasciò per motivi familiari vennero scelti due allenatori da Baldini (Voeller e Delneri, ndr) che non riuscirono ad adattarsi a quella Roma. A Cagliari ci fu la svolta per evitare la lotta salvezza. Chiesi a Cellino una stanza dello stadio e chiamai Totti, Montella e Pradè. Insieme a Vito Scala decidemmo di affidarci a Bruno Conti e il giorno dopo Baldini presentò le dimissioni. Ma ripeto, parliamo di una squadra solida".
Ma lei, alla Roma, ci tornerebbe se dovessero chiamarla?
"A questo non so risponderle".
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