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Roma, un set da incubo. La finale è un miraggio

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Avanti 2-1 alla fine del primo tempo grazie a Pellegrini e Dzeko, i giallorossi crollano dopo un rigore dubbio. Tre infortuni e una difesa ballerina tra le cause del disastro

Redazione

Il teatro dei sogni alla fine del primo tempo sembrava il palcoscenico perfetto per la Roma, un 2-1 più forte del Manchester United e dei tre infortuni tra 5’ e 37’, roba da record del mondo, ma il passaggio agli incubi e a un’altra catastrofe calcistica nello stadio del terrificante 7-1 di 14 anni fa ha accompagnato la squadra di Fonseca fino al fischio conclusivo: cinque gol in 45’ sono la rappresentazione di una disfatta, scrive Stefano Boldrini su La Gazzetta dello Sport.

L’espressione dell’allenatore portoghese dopo il 5-2 di Fernandes su rigore resterà nella storia giallorossa: c’è il senso di un addio e di una resa. Al 6-2 scorrevano già i titoli di coda. Il destino dell’allenatore è segnato da tempo. Solo vincere l’Europa League lo avrebbe forse sottratto al suo destino. Avrà sicuramente commesso i suoi errori, ma una domanda s’impone: quanti manager avrebbero ottenuto qualcosa di meglio con questo materiale tecnico? A ruota, altre due questioni: perché passano gli anni e la Roma continua a dare lavoro senza sosta a medici e fisioterapisti? E come è possibile che una squadra semifinalista in Champions tre anni fa sia stata distrutta e impoverita in questo modo? Perché questo scempio?

Sognare la rimonta e l’impresa impossibile è un dovere che riguarda la dignità dei calciatori e contiene il senso della natura dello sport. Ma chi osserva, chi informa e chi giudica ha il dovere dell’onestà intellettuale. Questo 6-2 è l’ultimo scempio di una pessima stagione europea per il nostro calcio. La Roma ha l’indubbio merito di aver permesso alla nostra serie A di centrare almeno una semifinale, ma con questo crollo cala il sipario.